venerdì 24 dicembre 2010

BUON NATALE


I miei più sinceri auguri per un sereno Natale agli amici del blog.

Federico

venerdì 17 dicembre 2010

NEVE A PISTOIA

L'allerta meteo era stato lanciato da giorni.
Eppure, appena ha cominciato a nevicare la nostra città è andata in tilt.
Mediamente per percorrere dieci kilometri ci sono volute dalle due alle tre ore.
Nessun mezzo spalaneve, niente sale.

La poesia e la bellezza del paesaggio innevato sono inimitabili.
Ma chi lo spiega a coloro che sono finiti fuori strada?


Federico Gorbi

domenica 12 dicembre 2010

RIFIUTI CONTAMINATI E BUGIE

Le notizie allarmanti riguardo la discarica di Fosso del Cassero continuano a riempire le cronache quotidiane.
Ormai è accertato che nell'impianto sono finiti rifiuti non idonei, anche se sarà poi la magistratura ad individuare le responsabilità e a determinare la gravità di quanto è stato commesso.
Quello che colpisce tuttavia, in questa vicenda, è l'assordante silenzio dell'Amministrazione comunale che dovrebbe difendere e tutelare la salute dei cittadini, in particolar modo di coloro che vivono nei pressi dell'impianto.
Dalla commissione di inchiesta istituita dal Consiglio comunale di Serravalle Pistoiese è emerso, come pubblicato dalla stampa nei giorni scorsi, che l'assessore all'ambiente Patrizio Mungai ha sempre saputo molto di più di quello che ha lasciato intendere.
Ricordiamo che Mungai sapeva del camion proveniente da Caserta posto sotto sequestro dai Carabinieri del Noe ma, per mesi, ha evitato di renderlo noto sia al Comitato di controllo sia al Consiglio comunale.
Per ben due volte poi, lo stesso assessore, in sede di riunione di Consiglio ha negato le proprie responsabilità, addossando le colpe ai dipendenti comunali che, a suo dire, non lo avevano tenuto adeguatamente informato di quanto stava avvenendo, a partire dalla corrispondenza ufficiale che è intercorsa tra il Comune e la Provincia di Pistoia che ha compiti di controllo sugli impianti di smaltimento.
Per ben due volte la maggioranza ha confermato a Mungai la piena fiducia nel suo operato.
Oggi però si scopre che il traffico di rifiuti tossici è ben più consistente di quanto si potesse inizialmente immaginare, che l'assessore all'ambiente era molto più informato di quanto volesse far credere e che lo stesso Mungai ha raccontato al Consiglio comunale e al Comitato di controllo una realtà molto edulcorata rispetto alla verità.
Mi domando come mai il Sindaco e la maggioranza che governa il Comune di Serravalle Pistoiese non prendano provvedimenti nei confronti dell'Assessore Mungai quando, nel recente passato e per molto meno, sono state revocate le deleghe ad altri due assessori.
Spero comunque che il Sindaco, a nome di tutti i cittadini, voglia almeno costituirsi parte civile nei procedimenti a carico degli amministratori della PistoiaAmbiente, la proprietaria dell'impianto del Cassero, dimostrando così con estrema chiarezza da che parte intende schierarsi.


Federico Gorbi
Consigliere Comitato di Controllo
della Discarica di Fosso del Cassero

sabato 20 novembre 2010

Fine aMara

La gestione di un affare da oltre 150 milioni di euro che rischia di passare di mano. I ras berlusconiani in Campania, Nicola Cosentino e Mario Landolfi (entrambi sotto inchiesta), che si precipitano a Palazzo Grazioli. Il presidente del Consiglio che cede al pressing, promette di rivedere, correggere, smussare il decreto legge varato solo poche ore prima dal governo. È a quel punto, solo allora, che il ministro Mara Carfagna - sponsor del commissariamento che sanciva l'affidamento alla Regione della realizzazione dei tre termovalorizzatori di Napoli e Salerno - decide di gettare la spugna. Si sente tradita, raggirata, abbandonata in questa che è una storia di appalti pubblici e di cordate politiche in guerra. Di impegni siglati e del rischio di infiltrazioni camorristiche nella terra in cui la monnezza, prima ancora che un'emergenza, è un business.
Berlusconi la chiama appena atterrato a Lisbona.
Sono lontani i buoni rapporti di un tempo: "Devi spiegarmi cosa è successo - lei lo incalza - Sono mesi che quella banda mi attacca, non puoi lasciare l'intera gestione dell'emergenza nelle mani di Cosentino e dei suoi uomini". Lui si impegna a trovare una soluzione. Ma stavolta sembra che non basti. Resta la delusione di fondo che il ministro confiderà poco dopo ai collaboratori: "Non voglio più stare vicino a certi affaristi. Starò col presidente in questo momento di bisogno. Ma dopo il 14 mi sentirò libera. Nel Pdl ormai comandano i Cosentino, i Verdini, i La Russa, dimenticano che ho avuto 58 mila voti sei mesi fa". Parla fitto col finiano Bocchino, alla Camera, nelle ore in cui si consuma lo strappo. Gli avversari interni l'accusano di intelligence col nemico. Un transito a Fli e magari una candidatura shock a sindaco di Napoli in rotta col coordinatore pdl Cosentino, sono per ora solo ipotesi vaghe che la Carfagna smentisce.

Il fatto è che ancora una volta il gruppo di potere che nella sua regione fa capo all'ex sottosegretario, dimessosi dopo la richiesta di arresto per concorso in associazione camorristica, riesce a convincere, persuadere, condizionare il premier. Eppure, il decreto per lo smaltimento rifiuti approvato in Consiglio dei ministri stabiliva che il pallino nella costruzione dei costosissimi termovalorizzatori passasse dai due presidenti di Provincia Edmondo Cirielli e Luigi Cesaro (uomini di Cosentino) al governatore Stefano Caldoro (pdl ma suo avversario). Già in Consiglio dei ministri La Russa aveva invitato la Carfagna a non incaponirsi "per ragioni personali", a non insistere "per beghe locali" sul commissariamento. E invece la ministra ha insistito e l'ha spuntata.
Poi la retromarcia del premier. "Avevo proposto questa soluzione per mettere a riparo l'operazione da affari sporchi - si sfogava lei ieri con alcuni deputati in Transatlantico - Ma questo è ormai il partito dei Verdini, dei Cosentino e dei La Russa". Il clima ostile maturava da giorni. Gli attacchi personali si moltiplicavano. Le interviste di Sallusti e di Stracquadanio, la allusioni sui rapporti con Bocchino, le foto, gli insulti e i "vergogna" alla Camera. Il sospetto latente che una "macchina del fango" si stesse muovendo anche contro di lei.
Sta di fatto che subito dopo il Consiglio dei ministri, giovedì, i deputati che fanno capo a Cosentino, gli stessi presidenti delle Province di Salerno, Cirielli, e di Napoli, Cesaro (sotto inchiesta a Napoli), e poi Landolfi e Laboccetta e Castiello danno tutti segni di nervosismo. Disertano alcune votazioni in aula. Fanno sapere a Berlusconi di essere pronti a passare al gruppo misto se quel decreto non verrà modificato: facendo così saltare la Finanziaria e mettendo ulteriormente a rischio la fiducia del 14 dicembre. Cosentino piomba a Palazzo Grazioli, accompagnato da Landolfi. C'è anche Gianni Letta in stanza col premier. Subito dopo l'incontro, il coordinatore Pdl in Campania va a Montecitorio e dà notizia del "successo" ai suoi, riportata dalle agenzie di stampa: "Sono molto soddisfatto, Berlusconi mi ha dato garanzie sulle competenze e sulla corresponsabilità degli impianti tra Province e Regione. La quadra trovata permetterà di accelerare la costruzione degli impianti".

L'affare può partire, insomma, e sarà soggetto alla sovrintendenza anche delle Province, dunque della potente corrente Cosentino. Ad oggi, in Campania c'è un solo termovalorizzatore, quello di Acerra, che funziona solo in parte, e che è già costato 25 milioni. Altri 75 milioni di euro sono stati investiti per la realizzazione di quello di Salerno. Altrettanti se ne prevedono per Napoli. Il terzo impianto non si sa ancora dove realizzarlo.

da Repubblica.it

mercoledì 17 novembre 2010

SOLITUDINE DI UN LEADER

In questo piovoso autunno italiano non sta finendo solo una maggioranza o un governo: si sta concludendo l’avventura di un uomo solo. È la solitudine di Berlusconi il dato che oggi più colpisce. E se l’uomo ha mischiato e confuso come pochi altri il pubblico e il privato, la sua solitudine pure è un fatto politico e insieme personale, dove non sai quale delle due cose è stata ed è causa dell’altra.

Le serate di Arcore e di Palazzo Grazioli sono l’immagine di una solitudine esistenziale disperata e agghiacciante, anche se nascosta dai fasti di una miliardaria satrapia. Oggi ci è chiaro: era un moderno Macbeth assediato dalla foresta di Birnam sempre più vicina, quello che si rinserrava ogni sera nelle mille stanze dei suoi mille castelli in compagnia di docili comparse. Ma non aveva mai voglia quest’uomo — ci chiediamo noi uomini normali — di scambiare quattro chiacchiere con un amico vero, con una persona normale?

È tuttavia la solitudine politica quella che impressiona maggiormente: la solitudine politica che il premier ha costruito giorno per giorno intorno a sé, imitato da troppi suoi collaboratori. L’avventura berlusconiana, partita all’inizio con un cospicuo capitale di attese e di fiducia (perfino da parte di molti nemici) si è progressivamente chiusa in se stessa, ha tagliato i ponti con tutti i settori significativi della società, ha stupidamente decretato avversione e ostracismo ad un numero sempre crescente di persone: in pratica tutte quelle della cui fedeltà ed obbedienza pronta, cieca e assoluta, non si fosse arcisicuri.

In questo modo, forse senza neppure accorgersene, gli uomini e le donne del premier, la sua classe di governo, il suo milieu, sono diventati ben presto una sorta di esercito accampato in territorio nemico, con la stessa psicologia e la mentalità degli assediati. Si dà il caso però che quel territorio fosse il loro Paese. «O con noi o contro di noi» è divenuta la parola d’ordine suicida sempre più spesso pronunciata, di cui com’era logico, hanno finito per trarre vantaggio solo gli avversari. Consigli arrogantemente respinti, suggerimenti finiti nel nulla, proposte liquidate con un’alzata di spalle sono state sempre di più la regola: allontanando sistematicamente le intelligenze che pure sarebbero state disponibili a rendersi utili. La parabola di un uomo come Giuliano Ferrara parla da sola.

Il berlusconismo avrebbe potuto facilmente — e magari anche abusivamente, se si vuole—intitolare a se stesso tutto ciò che in Italia non era di sinistra. Non solo non ha voluto o saputo farlo. Ha fatto il contrario: ha regalato alla sinistra tutto ciò che sentiva o sapeva non essere intrinsecamente suo. Estraneo fin dalle origini alla socialità politica di gruppo in quanto nato dalla felice intuizione di un uomo solo, di un capo, invece di correggere tale vocazione primigenia alla solitudine e all’obbedienza gerarchica, è andato esasperandola. Sempre più sono rimasti il capo soltanto e soltanto coloro che gli obbedivano. Certo, è rimasto sempre chi obbediva pur conservando qualche luce d’ingegno e di autonomia personale, ma le file dei puri e semplici profittatori e dei camerieri sono andate crescendo a dismisura, sono diventate un esercito, e dopo non molto tempo tutta la scena ha finito per essere occupata solo da costoro.

Una turba di mezze calzette, di villan rifatti, di incompetenti, di procacciatori: la solitudine sociale del berlusconismo si è andata sempre più incarnando in questa schiera compiacente e zelante, pronta ad ogni servilismo per il proprio personale interesse. Sono stati essi i principali artefici della muraglia invalicabile costruita intorno al potere del capo. Da essi il capo è apparso inspiegabilmente sempre più dipendere. Da essi trarre i consigli che di sconfitta in sconfitta, di fallimento in fallimento, lo stanno portando ineluttabilmente alla fine.

Più che vinto dalle inesistenti vittorie dei suoi nemici, il berlusconismo oggi crolla vittima di una sorta di autoreclusione si direbbe quasi studiata con intenzione, compiaciutamente suicida. E sempre più quello che fu per antonomasia «un uomo solo al comando» ormai appare niente altro che un uomo solo e basta. Che forse neppure si rende conto ancora di esserlo.

Ernesto Galli Della Loggia
Corriere della Sera

mercoledì 13 ottobre 2010

SANZIONI















Due notizie hanno riempito le cronache di questa giornata: la sanzione comminata a Santoro e gli incidenti che hanno caratterizzato l'incontro di calcio tra Italia e Serbia a Genova.

Dieci giorni di sospensione e di mancata retribuzione sono stati inflitti dalla Rai a Michele Santoro a partire da lunedì 18 ottobre.
In pratica il provvedimento è stato adottato in seguito al "vaffa...bicchiere" detto dal giornalista in diretta aprendo la prima puntata di stagione di "Anno Zero" in polemica con il direttore generale della Rai, Mauro Masi, e con la circolare sul contraddittorio nei programmi.
Immediatamente si sono alzate voci in difesa di Santoro da parte di Di Pietro, sicuramente il più duro nei confronti di Masi, e di larga parte del Pd. Con altrettanta immediatezza i rappresentanti del Pdl hanno condiviso e sostenuto la sospensione.
Nella stessa giornata si è arricchita la cronaca riguardante i fatti incresciosi di Genova, dove poche decine di "tifosi" serbi hanno potuto impedire lo svolgimento di una partita di calcio.
Molti dei responsabili sono stati individuati, fermati, processati per direttissima, condannati...e rilasciati.
In questo caso, a differenza del caso Santoro, quasi nessun esponente politico ha voluto o saputo esprimere la propria opinione.
Nessuno, nè di maggioranza nè di opposizione, si è domandato come sia stato possibile che alcuni scalmanati siano potuti arrivare da Belgrado armati di tutto punto, attraversando prima la frontiera e poi i cancelli dello stadio.
Nessuno ha mosso alcuna critica al tanto decantato Ministro Maroni che, con la struttura del Viminale, non ha saputo prevedere un tale evento nonostante che i "tifosi" serbi avessero già messo a ferro e fuoco la loro capitale dopo la sconfitta della Serbia contro l'Estonia (appena sabato scorso), e avessero fatto altrettante devastazioni al Gay Pride, con 122 feriti (appena domenica scorsa).
Nessuno ha avuto da ridire sul fatto che i responsabili non abbiano fatto un'ora di carcere.

Però tutti pronti a commentare la sanzione a Santoro, perchè ormai in questo Paese la notizia c'è quando la sanzione viene comminata e poi regolarmente pagata.
Quando invece non viene punito chi è colpevole, quando si viene condannati ma non si sconta la pena allora è tutto "normale" per un Paese "anormale" come il nostro.

domenica 12 settembre 2010

DA CHIANCIANO VERSO IL PARTITO DELLA NAZIONE

Una folta rappresentanza di pistoiesi sta partecipando in questi giorni alla Festa Nazionale dell'Udc di Chianciano Terme.
I lavori dell'ultimo giorno saranno aperti da Marco Baldassarri, capogruppo alla provincia di Pistoia e presidente regionale del progetto "Udc verso il Partito della Nazione", che precederà l'intervento di Pier Ferdinando Casini intervistato da Enrico Mentana.
Il Partito della Nazione, nome provvisorio poichè il nome e il simbolo del nuovo soggetto politico saranno scelti durante i congressi fondativi che si svolgeranno da gennaio del prossimo anno, è il frutto di un lungo percorso che a qualcuno sarà apparso fuori moda per i tempi, i tanti dibattiti a livello nazionale, regionale e provinciale, ma che era l'unico possibile per costruire qualcosa di solido in questa stagione così tormentata e senza precedenti della vita politica italiana.
Da oltre due anni sosteniamo che Pd e Pdl sono giganti dai piedi d'argilla, poiché i partiti non possono nascere né in un freddo laboratorio né dalla sera alla mattina da un predellino, e le contraddizioni che stanno emergendo al loro interno dimostrano che avevamo ragione.
La nascita di quei due grandi contenitori è stato solo l'estremo ed inutile tentativo di tenere in piedi il sistema politico della Seconda Repubblica ormai irreversibilmente in crisi, col suo schema bipolare anomalo che puntava, per volontà di Berlusconi e di Veltroni al bipartitismo.
Siamo convinti che la Seconda Repubblica sia un tragico fallimento poichè in oltre quindici anni non ha prodotto nessuna grande riforma, non ha modernizzato il Paese, non ha aumentato la competitività delle nostre imprese, non ha investito nelle infrastrutture, non ha creato lavoro.
L'unico risultato concreto e visibile degli ultimi anni è l'accresciuta litigiosità tra i protagonisti della politica senza che si affrontino i reali problemi.
I cittadini però sono stanchi e la disaffezione è dimostrata anche dalla sempre minore affluenza alle urne.
Per questo abbiamo deciso di rimettere in discussione anche la nostra esperienza, l'Udc, per approdare ad un nuovo partito aperto, rivolto al futuro, alla modernizzazione dell'Italia, attento a trovare risposte di buon senso ai problemi del Paese e non condizionato dal populismo o dall'estremismo di chi parla alla pancia e non alla testa dei propri concittadini.
Un partito che non appartiene ai due poli, come li abbiamo conosciuti fino ad oggi, ma che fa parte del polo di tutti quegli italiani che hanno capito che l'attuale sistema è arrivato al capolinea.
I progetti che non hanno un'anima sono destinati inevitabilmente a decadere e, per questo, ci siamo dati un'identità, abbiamo ragionato e discusso su idee e valori di riferimento, abbiamo avviato un cammino ed ora siamo arrivati alla vigilia della nascita di questo nuovo partito.

Federico Gorbi
Coordinatore Provinciale "Udc verso il Partito della Nazione"

sabato 28 agosto 2010

MESSAGGIO DI CORDOGLIO PER LA MORTE DI MONS. SIMONE SCATIZZI DA PARTE DI "UDC-VERSO IL PARTITO DELLA NAZIONE"

UDC – Verso il Partito della Nazione” di Pistoia esprime il più vivo cordoglio per la scomparsa di Monsignor Simone Scatizzi, Vescovo Emerito, e si unisce al popolo dei fedeli nella preghiera per il riposo del degno e fedele servitore di Dio che, durante i suoi lunghi anni di Episcopato, ha sempre difeso con zelo e coraggio la grande tradizione del patrimonio pastorale e spirituale della Chiesa.
Fin da suo insediamento lo abbiamo sentito vicino nella difesa dei principi non negoziabili, dalla tutela della vita in tutte le sue fasi alla promozione della struttura naturale della famiglia.
Con forza e coraggio ha dimostrato grande attenzione ai temi del lavoro, dell'occupazione e delle molte questioni complesse che la nostra città ha dovuto vivere negli anni della sua missione pastorale.
Sapremo far tesoro della sua preziosa eredità anche se resta il rammarico per il fatto che il suo messaggio sia stato talvolta percepito e comunque interpretato in modo strumentale da alcuni amministratori che hanno voluto far apparire il Vescovo come uomo schierato nelle vicende di politica locale, salvo poi attaccarlo, anche duramente, quando, con coerenza e senza compromessi, ha difeso i valori cari ai cattolici.
Ne è riprova il fatto che i messaggi di cordoglio che si leggono in questi giorni provengono, in gran parte, dai rappresentanti di una sola area politica, se non addirittura da un solo partito.
Siamo convinti che continuerà a guardare ai suoi concittadini e agli amministratori locali, invitando ciascuno ad assumersi le proprie responsabilità e ad operare per il bene comune.

Federico Gorbi
Coordinatore provinciale
"Udc-Verso il Partito della Nazione"

martedì 17 agosto 2010

ADDIO AL PICCONATORE


L'ex capo dello Stato Francesco Cossiga è morto alle ore 13,18.
Cossiga ha lasciato una lettera al segretario generale del Senato con indicazioni dettagliate sulle sue esequie. A quanto si apprende, Cossiga avrebbe espresso la volontà di non avere funerali di Stato, ma solo, forse, un picchetto d'onore dei bersaglieri della Brigata Sassari. Il presidente emerito avrebbe poi chiesto di essere seppellito nella sua cittá natale, Sassari, accanto al padre e alla sorella.

Sempre al segretario del Senato avrebbe consegnato al segretario generale del Senato, lettere per il presidente della Repubblica, il presidente del Senato e il presidente del Consiglio. Le missive del presidente emerito, a quanto si apprende, sarebbero sigillate e custodite in un plico.
Resterà famoso come il «Piccconatore», L'appellativo gli fu appioppato, e da lui orgogliosamente rilanciato e rivendicato, nella fase finale del suo mandato presidenziale quando iniziò a menare fendenti a destra e a manca, senza risparmiare nessuno ed alcun tema, con foga dissacrante e veemenza politica. Francesco Cossiga (nato a Sassari il 26 luglio del 1928) è stato un unicum nel panorama politico italiano: non solo per essere stato il più giovane presidente della Repubblica (dal 1985, a 56 anni, dopo essere stato il più giovane presidente del Senato dal 1983), ma per la quantità di scosse date ad un ambiente sensibile alle dichiarazioni e rivelazioni.

LA VICENDA MORO - Il suo nome resterà indelebilmente legato ai terribili 55 giorni del rapimento di Aldo Moro nella primavera del 1978 ad opera delle Brigate Rosse, conclusisi con l'assassinio dell'uomo politico democristiano. In quei giorni Cossiga era ministro dell'Interno e presiedette il comitato di crisi da lui stesso istituito presso il ministero e tutto composto (come si scoprì in seguito) da affiliati alla loggia massonica P2. Uomo dei misteri e disvelatore degli stessi (fu il primo a parlare di Gladio, organizzazione paramilitare filoamericana istituita in Italia semiufficialmente in funzione anticomunista), dalla fase terminale del suo mandato presidenziale in poi ha giocato il ruolo di destabilizzatore di equilibri politici e di anticonformista. Ha vissuto gli ultimi decenni della vita politica italiana in simbiosi con un altro leader democristiano di lunga carriera, Giulio Andreotti, rispetto al quale si è spesso trovato su fronti opposti. Orgogliosamente legato alla sua Sardegna, era cugino dei Berlinguer, famiglia il cui esponente politico più noto, Enrico, fu segretario del Pci.

I LEGAMI INTERNAZIONALI - Da un punto di vista internazionale, Cossiga è stato un grande amico della Gran Bretagna, dell'Irlanda e dei Paesi Baschi ed è stato un fiero oppositore di tutti i nemici dei suoi "amici". E' stato uno studioso di Rosmini e Tommaso Moro. Come ministro dell'Interno, oltre che per il caso Moro (alla cui conclusione si dimise dall'incarico), fu famoso per la repressione delle lotte studentesche nella seconda parte degli anni 70 e della riforma dei servizi segreti. Fu accusato della "responsabilità morale" della morte della studentessa Giorgiana Masi ad opera della Polizia nel corso di scontri ad una manifestazione nei pressi di Trastevere a Roma nel 1977; erano i tempi in cui graffitari politici scrivevano il nome del ministro con la K ed il simbolo delle Ss naziste. E' sempre stato un grande esperto ed appassionato dei temi correlati alla intelligence ed alle tecnologie di trasmissione dati via etere, collezionando le trasmittenti più sofisticate ed ogni tipo di telefono cellulare, oltre che radioamatore. In un'intervista dell'ottobre 2008, bissata da uno stupefacente intervento parlamentare, confermò di avere infiltrato il movimento studentesco degli anni 70 con agenti provocatori per cercare poi sostegno popolare alla repressione poliziesca.

L'ADDIO AL COLLE - Del resto l'uomo ha sempre amato gesti eclatanti, clamorosi e anticonformisti come la scelta di dimettersi dal mandato presidenziale due mesi prima della scadenza (onde evitare un "ingorgo istituzionale" con le elezioni politiche). Da allora in poi la sua attività politica ha assunto le più svariate tendenze: nel 1998 permise la nascita del governo D'Alema (il primo governo in Italia presieduto da un esponente dell'ex Partito comunista) dando vita ad una nuova formazione politica (l'Udr) che diede a questo governo in Parlamento la maggioranza necessaria; negli anni successivi sostenne invece contestate iniziative del governo Berlusconi con espliciti interventi. E' stato probabilmente il simbolo della difficile transizione italiana dagli anni dei governi democristiani a quelli del bipolarismo.

tratto da Corriere.it

venerdì 30 luglio 2010

BERLUSCONI CACCIA FINI


Il Pdl non c'è più. O almeno, non c'è più per come lo abbiamo conosciuto finora. E' durato meno di un'ora l'ufficio di presidenza per decidere l'isolamento e, di fatto, l'espulsione dei dissidenti. Le parole pronunciate da Silvio Berlusconi non lasciano spazio a equivoci: "Facciano pure i gruppi autonomi tanto sono fuori". Non solo. Dal Cavaliere arriva un attacco durissimo alla terza carica dello Stato: "Allo stato viene meno la fiducia nei confronti del ruolo di garanzia del presidente della Camera indicato dalla maggioranza uscita vittoriosa dalle elezioni". E alla domanda se il cofondatore debba lasciare il suo incarico il capo del governo risponde: "Riteniamo che siano i membri del Parlamento a dover assumere un'iniziativa al riguardo". La replica dell'ex leader di An sul punto è secca: "La presidenza della Camera non è nelle disponibilità del presidente del Consiglio..."

Commentando il testo uscito dall'ufficio di presidenza, nel quale si dice che "le posizioni dell'onorevole Fini sono assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà", Berlusconi ostenta sicurezza: "Non c'è problema per il governo, la maggioranza non è a rischio e i nostri elettori non tollerano più che nei confronti del governo ci sia un atteggiamento di opposizione permanente. Non sono più disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel partito. Vogliono fare il gruppo? Facciano quello che vogliono, tanto sono fuori".
(Repubblica.it)
Breve commento.
Sarebbe sin troppo facile dire ora "noi l'avevamo detto!".
Certo è che quanto avvenuto è l'ennesima riprova che questo bipolarismo, rissoso ed inconcludente, ha totalmente fallito.
Quanto dovremo ancora aspettare per passare ad una nuova fase nella quale torni protagonista la Politica?

mercoledì 28 luglio 2010

UNA BANCA VALE PIU' DEGLI ELETTORI?

Non è facile capire la logica che ha spinto Denis Verdini a dimettersi da presidente della Banca del Credito Cooperativo Fiorentino, e a non lasciare la carica di coordinatore del Pdl. È come se si sentisse più responsabile nei confronti degli azionisti che degli elettori; o comunque ritenesse i primi più severi e temibili dei secondi. Ma la sua scelta non può non lasciare interdetti.

Se ritiene che la magistratura lo abbia indagato ingiustamente, è comprensibile la resistenza alle richieste dell’opposizione e della minoranza di Fini.
Nel momento però in cui getta la spugna come banchiere, non si comprende perché ritenga di poterla tenere in mano da dirigente politico. Si tratta di un cortocircuito fra sfera pubblica e privata che finisce per privilegiare la seconda; e per offrire agli elettori del centrodestra un’immagine sghemba di un loro rappresentante. Non si tratta di accreditare un suo coinvolgimento nei fatti dei quali viene sospettato; né di assecondare sentenze preventive; né, ancora, di sottovalutare gli aspetti strumentali degli attacchi di cui è destinatario: sono anche pezzi della faida nel Pdl in atto da mesi. Ma nello stesso tempo è difficile liquidare la questione sostenendo semplicemente di credere a Verdini, alle sue assicurazioni di non avere commesso nulla di illegale.

Questa tesi, esposta ieri ad esempio dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa per puntellare il «no» alle dimissioni dall’incarico nel Pdl, è un segno di amicizia e di solidarietà fra coordinatori. Eppure rischia di apparire anche la dimostrazione di un’incomprensione, e di una involontaria mancanza di rispetto per l’elettorato: soprattutto dopo la decisione di Verdini di lasciare la banca per motivi di opportunità. A questo punto, la stessa preoccupazione dovrebbe suggerire un passo indietro dal vertice del partito.

Certo non è facile, in un momento in cui la rissa fra berlusconiani e finiani ha imboccato un tornante pericoloso e probabilmente senza ritorno. L’esigenza di tenere unite le forze nel conflitto dentro il Pdl fa apparire anche la scelta più ragionevole come un gesto di debolezza, di cedimento alle ragioni nemiche. Il risultato è un irrigidimento, quasi un arroccamento su posizioni che a prima vista sono obbligate; ma alla lunga potrebbero rivelarsi imprudenti.

Anche perché in politica le contraddizioni hanno un prezzo. E più a lungo vengono eluse, più si prendono una rivincita rapidissima nelle sue conseguenze. Un elettore non chiede o suggerisce, come un consiglio di amministrazione, di uscire di scena in attesa magari di tempi migliori. È più indifeso, e forse disposto a dare credito alla persona ed allo schieramento che ha votato e contribuito a portare in Parlamento. Proprio per questo merita una considerazione se non superiore, uguale a quella verso una banca.

Massimo Franco
27 luglio 2010
Corriere.it

sabato 24 luglio 2010

Da PistoiaAmbiente e giunta del Comune di Serravalle atteggiamento poco trasparente fatto di omissioni e bugie

Le vicende giudiziarie che coinvolgono la discarica di Fosso del Cassero e il direttore tecnico, ing. Stefano Somigli, non possono che generare forti preoccupazioni in quei cittadini che, come me, hanno da sempre combattuto prima contro la realizzazione dell'impianto e poi per un rigoroso controllo delle attività di smaltimento.
Non voglio esprimere giudizi che spettano alla magistratura la quale, certamente, farà luce sulla vicenda e sulle responsabilità.

Tuttavia è bene sottolineare che non solo l'ing. Somigli ma l'intera struttura societaria della PistoiAmbiente ed anche la Giunta del Comune di Serravalle Pistoiese hanno avuto un atteggiamento poco trasparente fatto di omissioni e di bugie.
E' necessario ripercorrere l'intera storia, partita nell’ottobre del 2008 con il sequestro di un camion di rifiuti da parte dei Carabinieri del Noe.
Il Comitato di controllo della discarica del Cassero è venuto a conoscenza di questa vicenda solo il 4 maggio del 2010, dopo oltre un anno e grazie alla notizia diffusa dalla stampa locale, poiché né PistoiAmbiente né la Giunta comunale, che pure era aggiornata su quanto accaduto, hanno mai ritenuto di dover informare il Comitato che, ricordo, è eletto dai cittadini residenti nei pressi della discarica per mettere in atto tutte quelle azioni necessarie al controllo delle attività che si svolgono nell’impianto.

La cosa è apparsa subito molto grave a tutti i componenti del Comitato, tanto che, in una successiva riunione del giorno 11 maggio 2010, alla presenza del Sindaco, Renzo Mochi, e del Vice-Sindaco, Patrizio Mungai, venivano chieste giustificazioni per la grave omissione a PistoiAmbiente, rappresentata dal Presidente uscente Roberto Talini, dal neo-Presidente Alfio Fedi e dall’ing. Stefano Somigli.

Come era facile aspettarsi in quell’occasione tutti i rappresentanti della società che gestisce l’impianto del Cassero furono pronti a garantire la massima trasparenza.
Peccato che, stando ai fatti, già in quel momento venivano nascoste alcune verità importanti.
Alla richiesta di notizie sul sequestro, Roberto Talini, come risulta dal verbale della riunione, assicurava che il rapporto con la Progest, la società finita nel mirino dei Carabinieri, era iniziato a metà aprile 2008 ed era durato fino a metà ottobre 2008, cioè fino al sequestro del mezzo, e da allora, per prudenza, era stato interrotto qualunque conferimento di rifiuti provenienti dalla società campana. I rifiuti conferiti in tutto nella discarica del Cassero, a detta di Talini e di Somigli, erano di circa 1.000 tonnellate.

Solo dopo l’arresto dell’ing. Somigli e il sequestro dell’intero impianto, il Comitato ha appreso che i conferimenti di rifiuti provenienti dalla Progest erano proseguiti, dopo una brevissima interruzione, anche nel 2009 e nel 2010, per un totale di oltre 4.000 tonnellate, così come abbiamo potuto apprendere dal Vice-Sindaco Patrizio Mungai nella riunione del Comitato del 13 luglio 2010.

Ribadendo quindi che la Magistratura saprà valutare le responsabilità penali, emerge evidente l’intenzione da parte della proprietà della discarica del Cassero di omettere e nascondere quanto stava avvenendo proprio al Comitato di controllo che dovrebbe tutelare e garantire i cittadini più esposti ai pericoli dell’impianto di smaltimento.
La cosa ancora più inquietante è che la Giunta comunale, in particolare il Vice-Sindaco Mungai, è sembrata essere sempre molto più informata del Comitato, senza però che abbia mai sentito il bisogno di un dialogo serio con quest’ultimo.

E’ pertanto necessario ripensare alla reale utilità di un Comitato che, evidentemente, non ha alcun mezzo per controllare le attività della PistoiAmbiente ed anzi rischia di essere solo un paravento di fronte ai cittadini che non hanno alcuna garanzia reale che tutto si svolga regolarmente e con le massime tutele per la salute propria e dei propri figli.


Federico Gorbi
Componente del Comitato di Controllo
della Discarica di Fosso del Cassero

sabato 22 maggio 2010

VERSO IL PARTITO DELLA NAZIONE

"Il partito della Nazione, il partito della Repubblica, il partito del popolo italiano nascerà per interpretare il sentimento e il senso di unione nazionale: camminiamo assieme in un ritrovato patto generazionale. La nave va, cerchiamo di remare tutti nella stessa direzione perché le acque sono agitate". Così il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, chiude il suo intervento al seminario 'Verso il partito della nazione' a Todi dove ha chiesto al partito di non avere nostalgia del passato, tantomeno dello scudocrociato, che li condannerebbe comunque a una posizione residuale.
Casini ha rivendicato la scelta degli ultimi anni "del doppio forno" perché "ha salvato l'autonomia del partito". "Se avessimo fatto un accordo nazionale con il Pd o con il Pdl, oggi saremmo politicamente inesistenti. E chi non lo capisce - ha detto rivolgendosi polemicamente al partito - faccia un corso accelerato. Abbiamo preso, andando da soli, gli stessi voti di quando eravamo alleati di Berlusconi". Tuttavia, oggi, ha proseguito Casini, "noi dell'Udc con la sola denuncia al massimo ci salviamo la coscienza. Invece dobbiamo passare dalla denuncia alla soluzione. Dobbiamo cambiare musica e spartito".

L'ex presidente della Camera ha ammesso che non c'è "niente di prefabbricato, di deciso, di discusso" a proposito del partito della Nazione. Ma ha indicato i punti indispensabili a suo parere: "Non può cambiare niente se viene tutto affidato a manovre verticistiche". E ancora: "Non possiamo avere nostalgia dello scudo crociato perché io so che mi devo misurare con ragazzi che hanno 40 anni oggi, che non hanno mai visto lo scudo salvo quello presentato da noi. Sappiamo che la nostalgia ci porta a fare come quei nobili di campagna che avevano ereditato qualcosa e ogni anno vendevano un podere, ma se facciamo così andiamo avanti in un modo che è residuale. Noi abbiamo fatto un miracolo, io non lo sottovaluto e non sono sicuro che faremo meglio cambiando meccanismo e ragione sociale. Questo è tutto da dimostrare, non c'è garanzia che aumenteremo i voti, ma io so con esattezza che la nostalgia porta alla residualità invece noi dobbiamo interloquire con la base ampia". "Io sono un conservatore, ogni volta che cambio casa ho un trauma ma - ha sottolineato Casini - dobbiamo cambiare per contare, per esistere e sulla nostalgia non si costruisce più una prospettiva, dobbiamo cambiare per essere protagonisti. La nostra metafora di questi anni è stata quella della Dc ma sono già passati 20 anni. Quella metafora è scappata via, in termini sociali rischia di non esistere più".

Quindi l'ex presidente della Camera, rammaricato del fatto che l'Udc è riuscita a presentare solo in pochissime università le proprie liste alle ultime elezioni negli atenei, ha insistito molto sul ruolo del giovani nel nuovo partito tanto da arrivare ad auspicare che il congresso dei giovani del partito della nazione si svolga prima di quello fondativo: "Non credo al ricambio generazionale ma avrei un sogno, che noi potessimo trovare un rapporto assiduo con i giovani", che per Casini non sono né i trentenni né i quarantenni né quelli che frequentano le segreterie dei parlamentari bensì coloro che fanno politica militante nelle università. "I giovani nell'Udc non esistono più, li dobbiamo trovare, nessuno si consideri offeso ma dobbiamo mettere dei paletti anagrafici".
Infine Casini ha messo l'accento sulla necessità di alzare "il tasso etico" del partito perché "quello che è concesso ad altri non è concesso a noi. Dobbiamo essere rigorosi". E a chi è interessato al percorso del partito della Nazione assicura: "Non ci sarà un partito che ha il monopolio delle adesioni al partito della nazione".

(ApCom)

martedì 27 aprile 2010

CHI HA VINTO LE ELEZIONI?



Nelle ore e nei giorni successivi le tornate elettorali si ascoltano decine di commenti e di analisi post-voto che, leggendo e, non di rado, piegando la realtà numerica, spiegano chi ha vinto e chi ha perso le elezioni. Talvolta è in realtà il tempo che meglio aiuta a capire chi realmente abbia vinto, poiché i voti, oltre ad essere contati, vanno anche pesati e, soprattutto, vanno saputi utilizzare da chi li ha ricevuti. In Italia, da alcuni anni, la politica del ragionamento, del confronto e, quando serve, anche dello scontro ha lasciato il posto alla politica degli ultras, quei tifosi che sostengono sempre e comunque la propria squadra e gioiscono quando vince anche se ha giocato male ed è stata aiutata dall'arbitro.
E' diventato fondamentale vincere le elezioni, come è normale in un sistema democratico, ma ci si è dimenticati che chi vince le elezioni poi deve anche governare, e questa amnesia non è normale in un sistema democratico.
A un mese esatto dalle regionali, per le quali è stato detto che Berlusconi e la Lega hanno trionfato, ci troviamo davanti allo strappo di Fini che, per la prima volta in quindici anni, contesta sul piano politico la leadreship del Cavaliere e mina la stabilità dell'alleanza Pdl-Lega e la sopravvivenza del Governo stesso.
Il fatto è grave e lo è ancora di più se si pensa che a portare l'attacco al Presidente del Consiglio è il Presidente della Camera, la terza carica dello Stato, fatto mai avvenuto nella nostra storia repubblicana e quasi per nulla sottolineato dai commentatori politici.

I tre anni di pace elettorale che avrebbero permesso alla maggioranza di governare e di varare le riforme, come annunciato da Berlusconi il giorno dopo le regionali, potrebbero ridursi quindi in realtà a pochi mesi.
Si tratta di vedere solo chi, per primo, si assumerà la responsabilità della rottura: se Fini, uscendo dalla maggioranza, o Berlusconi, che piuttosto che farsi cuocere a fuoco lento preferirà tornare al voto, o, addirittura, la Lega che vorrà mettere in luce la crisi del Pdl sperando di lucrare ancora più voti.

Basterà aspettare ma, in ogni caso, possiamo dire che un'epoca è finita. Il bipolarismo che qualcuno aveva sognato di trasformare addirittura in bipartitismo (Veltroni e Berlusconi) non ha mai dato i suoi frutti ed ha sostanzialmente fallito tutti gli obiettivi poiché da anni chi vince le elezioni poi non ha la forza per governare, anche con maggioranze numericamente schiaccianti sia alla Camera che al Senato.

La Seconda Repubblica è morta.
Pochi la rimpiangeranno.

venerdì 26 marzo 2010

VOTO UTILE

Domenica si vota e come ogni volta risuonano appelli al "voto utile".
Esiste in Toscana la possibilità di un "voto utile". Utile per chi o per cosa?

Ciò che è utile porta un vantaggio: in questo caso dovremmo dare il voto a chi può governare bene, quindi ci procura un vantaggio che deriva da una buona amministrazione della cosa pubblica. Il candidato del Pd, Enrico Rossi, è stato fino ad oggi assessore alla sanità della giunta Martini, quindi il "gestore" di quasi tre quarti dell'intero bilancio della Regione Toscana. Un buon banco di prova per capire come potrebbe muoversi nei prossimi cinque anni.
I cittadini, sostenendo Rossi, potranno quindi esprimere con il voto una valutazione su quanto è stato fatto negli ultimi anni per la sanità e un giudizio di fiducia per quanto potrà essere fatto in generale. Chi ritiene che Rossi, e chi governava con lui, abbia fatto bene dovrà necessariamente sostenerlo con il proprio voto.

La candidata del Pdl, Monica Faenzi, è parlamentare e sindaco di Castiglion della Pescaia, nota per essersi arrabbiata con Prodi quando l'allora premier, durante un soggiorno estivo, dimenticò di porgere il saluto a lei, primo cittadino della località balneare.
Non può essere giudicata per quanto fatto in passato in Regione perché non c'era ma certo possono essere giudicati i consiglieri uscenti del Pdl che avrebbero dovuto rappresentare l'alternativa al Presidente Martini, a Rossi e alla maggioranza di sinistra.
Dico avrebbero perché di opposizione in questi anni se n'è vista pochina, per non parlare dei palesi "inciuci" che hanno generato una legge elettorale tanto squallida quanto comoda a Pd e Pdl.
In più resta il fatto che dalle intercettazioni relative alle inchieste sugli appalti dei grandi eventi emerge che il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, fiorentino e Deus ex machina del Pdl toscano, aveva a cuore l'edificazione di molte cose ma non la costruzione di un'alternativa politica in Toscana.
Probabilmente nulla di penalmente rilevante, ma quando il "capo" del maggior parito di opposizione invita gli imprenditori locali a stare con in Pd qualcosa non torna.

Chi non condivide dunque la ditta Pd "Martini & Rossi" non trova una vera alternativa nel Pdl che ha retto il sacco per tutti questi anni.

Non resta che un voto di protesta, un voto che segnali questa anomalia toscana, un voto che scuota il sistema facendo cadere i frutti marci che rischiano di far ammalare tutta la pianta, un voto che porti aria fresca e pulita nelle stanze della Regione: un voto all'Udc.

Un voto di protesta certo, ma anche di proposta, perché è facendo crescere una vera alternativa che si danno speranze ai cittadini che non saranno più mandria di elettori alla quale i partiti si rivolgono solo per chiedere voti ma protagonisti nelle scelte di governo della nostra regione.

Domenica prossima quindi, prima di mettere un segno sulla scheda elettorale, è bene che gli elettori ricordino che l'Udc è l'unico partito che in questi anni si è opposto all'asfissiante monopolio politico della sinistra ma anche ai troppo inganni del Pdl.

Buon voto.

martedì 23 marzo 2010

LA FAENZI E L'ABORTO

Ancora una volta i vescovi italiani – attraverso il cardinale Angelo Bagnasco – hanno fatto sentire la loro voce sul dramma dell’aborto, chiedendo ai cattolici di non sostenere i candidati favorevoli all'interruzione della gravidanza. Un dramma che si tenta di rendere "invisibile" anche in Toscana, regione nella quale l'assessore alla sanità Enrico Rossi, oggi candidato a Presidente, ha sempre sostenuto la diffusione della pillola abortiva. A Rossi tuttavia non si può certo imputare una mancanza di chiarezza sull'argomento.
Ma qual'è la posizione del Pdl? I vertici nazionali all'indomani dell'appello dei vescovi si sono tutti affannati a dichiararsi a favore della vita, salvo rare eccezioni come quella di Daniele Capezzone che questa volta non ha assolto alla sua funzione di "portavoce" ufficiale del Pdl ma ha preferito osservare un eloquente silenzio.
Molto più interessante è però il caso della candidata toscana Monica Faenzi che, interrogata sull'argomento anche da alcune tv locali, ha dichiarato di essere assolutamente favorevole all'aborto. Non solo, l'unico punto di contatto con il candidato governatore del Pd Enrico Rossi, sarebbe proprio il via libera alla pillola abortiva.
Tuttavia, appena due giorni prima, la stessa Faenzi aveva sottoscritto, insieme al candidato dell'Udc Francesco Bosi, un "Patto per la vita e la famiglia" proposto dall'Associazione Scienza & Vita di Pontremoli e della Lunigiana. Nel documento, pubblicato sul sito dell'associazione, la candidata del Pdl dichiara il proprio impegno "ad operare in favore della vita, e per quanto sarà di mia competenza, a far si che l'aborto non sia usato ai fini della limitazione delle nascite".
Insomma, forse presa da uno slancio di generosità durante uno dei tour elettorali, ha dichiarato cose che non pensa ad una associazione locale, contando forse nella scarsa diffusione della notizia.
I piani però sono saltati, un po' per l'appello dei vescovi e un po' perché, nella globalizzazione dell'informazione, è difficile sfuggire alla rete di internet che riporta praticamente ogni parola pronunciata dai candidati.
L'aspetto grave della vicenda non è il pensiero della Faenzi sull'aborto. I vescovi hanno diritto a rivolgere gli appelli ai fedeli e la rappresentante del Pdl è libera di pensarla come preferisce e di seguire o meno le parole dei rappresentanti di una fede che, per sua stessa ammissione, non le appartiene.
L'aspetto che dovrebbe far riflettere gli elettori è quale credibilità possa avere chi una sera afferma una cosa e la sera successiva sostiene il suo esatto contrario.
A questo punto concordo con il suo slogan: il coraggio di cambiare. Cambiare sì, ma lei cambia... idea ogni giorno.

martedì 16 marzo 2010

TUTTI IN PIAZZA

Sabato scorso è toccato alla sinistra, dal Pd a Di Pietro ai Radicali, la novità del popolo viola, un po' di Cgil, che non guasta mai, qualche bandiera con falce e martello che, dopo un paio d'anni lasciata a prendere polvere, torna a sventolare in piazza. Tutti insieme per dire cosa? Che Berlusconi è un pericolo per la democrazia, e per questo si è circondato di un manipolo di "fascistelli picchiatori", che il Cavaliere legifera solo a proprio vantaggio, che ha ucciso la libertà di stampa, che rappresenta gli interessi della mafia...
Insomma nulla di nuovo rispetto a quanto sentito negli ultimi quindici anni, come se il tempo si fosse fermato, come se, nel frattempo, il Paese non fosse andato avanti, o indietro.

Sabato prossimo toccherà al Pdl, popolo e non partito della libertà, proprio per ricordare che un partito non esiste e non deve esistere perchè c'è solo un leader indiscusso ed indiscutibile che parla direttamente al suo popolo, senza bisogno di inutili apparati, quegli inutili apparati che però ti permettono di raccogliere le firme e di presentare le liste rispettando le regole.
Dal palco il Re Sole della politica italiana (Re Sole perchè da quindici anni, che governi o che sia opposizione, è sempre lui il protagonista, dall'alba al tramonto) parlerà al suo popolo, che sarà accorso a Roma più numeroso del popolo di sinistra (anche perchè i pullman li paga proprio lui, il generoso Presidente e "meno male che Silvio c'è") e dirà che lui, poverino, è odiato dai magistrati comunisti che cominciano a perseguitarlo subito dopo aver fatto colazione mangiando un paio di bambini, che lo intercettano e lo spiano anche quando è in compagnia di bravissime e giovani ragazze che passano le serate con lui solo perchè è simpatico e canta le canzoni di Apicella. E poi dirà che queste elezioni regionali saranno importanti perchè gli elettori dovranno scegliere tra un'Italia che lavora e un'Italia che campa di sussidi perchè non ha voglia di fare nulla, tra la politica del fare e la politica delle chiacchiere, tra il partito dell'amore e il partito dell'odio. Insomma, anche nelle parole del Cavaliere nulla di nuovo rispetto ai discorsi ed ai concetti espressi negli ultimi quindici anni, anche lui convinto che il Paese non sia andato avanti, o indietro.

Eppure qualcosa dovrebbe pur essere cambiato in quindici anni.
Abbiamo ridotto il nostro debito pubblico? Abbiamo migliorato le nostre infrastrutture? Le nostre industrie, le nostre aziende sono più competitive sui mercati internazionali? Abbiamo ridotto la disoccupazione? La nostra scuola, il nostro sistema della formazione, prepara meglio i nostri giovani? Il sistema sanitario assicura una qualità della vita migliore?

Credo basti riprendere un unico e semplice dato dal Bollettino Statistico della Banca d'Italia che ci ricorda che il reddito familiare annuo, al netto delle imposte e dei contributi previdenziali e assistenziali, nel 1995 era pari a circa 1.859 euro al mese (3,6 milioni di lire) mentre nel 2008 (ultimo anno disponibile e, quindi, dopo la crisi, potrebbe risultare un dato molto peggiore) è risultato essere circa 2.679 euro al mese.

Appena 820 euro in più a famiglia in tredici anni (+44%), senza dimenticare che si è ampliata la forbice tra le famiglie con alti redditi (sempre meno) e le altre (sempre più).
Contemporaneamente, solo per fare un semplice paragone, la benzina verde, e in modo simile tutta la nostra bolletta energetica, è passata da 0,887 euro al litro del 1995 a 1,394 euro del 2008 (+57%).
Allora qualcosa sarà cambiato? Se le famiglie italiane sono sempre più indebitate, se le code ai centri della Caritas sono sempre più lunghe, se tanti quarantenni perdono il posto di lavoro e non sanno dove andare a sbattere la testa, se i nostri giovani laureati vanno a lavorare all'estero qualcosa vorrà pure dire?
Ma di queste cose chi ne parla in un Paese drogato dalle televisioni che ci parlano delle veline di Berlusconi e dei trans di Marrazzo, di Bertolaso, e i suoi massaggi, e di Travaglio, che passa per giornalista imbavagliato ma, fino ad oggi, ha scritto più di 20.000 (ventimila) articoli e trenta libri (due all'anno)?
Sarebbe l'ora di tornare alla serietà.

lunedì 8 marzo 2010

I VESCOVI IN VISTA DELLE ELEZIONI

Propongo la lettura di questo interessante documento dei Vescovi dell'Emilia Romagna in vista delle elezioni regionali che può facilmente essere esteso a tutto il nostro Paese


Gli Arcivescovi e Vescovi della regione Emilia-Romagna desiderano indirizzare ai fedeli delle loro comunità questa comunicazione, in vista delle elezioni regionali del prossimo mese di marzo.
1. Come Vescovi, la nostra prima inderogabile missione è di annunciare il Vangelo proponendo ad
ogni uomo la via della fede, come via della libertà, come via della responsabilità e della salvezza. Ma il Vangelo che dobbiamo annunciare contiene anche una precisa concezione dell'uomo e di tutta la sua realtà, personale e sociale, che risponde in modo adeguato alle fondamentali esigenze della sua persona.
È questa concezione il nucleo portante della Dottrina Sociale che la Chiesa ha sempre proclamato e testimoniato, e che l'attuale pontefice Benedetto XVI ha mirabilmente sintetizzato nell'espressione «valori non negoziabili».
2. Essi costituiscono patrimonio di ogni persona, perché inscritti nella coscienza morale di ciascuno. A questi valori anche ogni cristiano deve riferirsi come criterio ineludibile per i suoi giudizi e le sue scelte nell'ordine temporale e sociale.
Eccoli sinteticamente: la dignità della persona umana, costituita ad immagine e somiglianza di Dio, e perciò irriducibile a qualsiasi condizione e condizionamento di carattere personale e sociale; la sacralità della vita dal concepimento fino alla morte naturale, inviolabile ed indisponibile a tutte le strutture ed a tutti i poteri; i diritti e le libertà fondamentali della persona: la libertà religiosa, la libertà della cultura e dell'educazione; la sacralità della famiglia naturale, fondata sul matrimonio, sulla legittima unione cioè fra un uomo e una donna, responsabilmente aperta alla paternità e alla maternità; la libertà di intrapresa culturale, sociale, e anche economica in funzione del bene della persona e del bene comune; il diritto ad un lavoro dignitoso e giustamente retribuito, come espressione sintetica della persona umana; l'accoglienza ai migranti nel rispetto della dignità della loro persona e delle esigenze del bene comune; lo sviluppo della giustizia e la promozione della pace; il rispetto del creato.
3. È questo complesso di beni che costituisce l'orizzonte immutabile di ogni giudizio e di ogni impegno cristiano nella società. Persone, raggruppamenti partitici e programmi devono pertanto essere valutati a partire dalla verifica obiettiva del rispetto di quei beni.
Perciò la coscienza cristiana rettamente formata non permette di favorire col proprio voto l'attuazione di un programma politico o la promulgazione di leggi che non siano coerenti coi valori sopraddetti, esprimendo questi le fondamentali esigenze della dignità umana.
4. Siamo consapevoli di avere proposto ai nostri fedeli non solo orientamenti doverosi per l'oggi, ma anche un costante cammino educativo, mediante cui l'assimilazione dei valori della Dottrina Sociale della Chiesa porta a giudizi e a scelte responsabili e coerenti, sottratte ai ricatti dei poteri ideologici e mass-mediatici o avvilite da interessi particolaristici.
Vorremmo che crescesse, anche in forza di un rinnovato e quotidiano impegno educativo delle nostre Chiese, un laicato che proprio a causa della sua appartenenza ecclesiale, fosse dedito al bene comune della società.
5. La Chiesa non deve prendere «nelle sue mani la battaglia politica» [cfr. Benedetto XVI, Deus caritas est, 28]. Pertanto clero ed organismi ecclesiali devono rimanere completamente fuori dal dibattito e dall'impegno politico pre-elettorale, mantenendosi assolutamente estranei a qualsiasi partito o schieramento politico. Per i sacerdoti questa esigenza è fondata sulla natura stessa del loro ministero (cfr. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri 33, cpv.1°: EV 14/798).
6. Ma è un diritto dei fedeli essere illuminati dai propri pastori quando devono prendere decisioni
importanti. Se un fedele chiedesse al sacerdote come orientarsi nella situazione attuale, il sacerdote tenga presente quanto segue.
Ogni elettore è chiamato ad elaborare un giudizio prudenziale che per definizione non è mai dotato di certezza incontrovertibile. Ma un giudizio è prudente quando è elaborato alla luce sia dei valori (cfr. § 2) umani fondamentali che sono concretamente in questione sia delle circostanze rilevanti in cui siamo chiamati ad agire.
Ciò premesso in linea generale, ogni elettore che voglia prendere una decisione prudente, deve discernere nell'attuale situazione quali valori umani fondamentali sono in questione, e giudicare quale parte politica - per i programmi che dichiara e per i candidati che indica per attuarli - dia maggiore affidamento per la loro difesa e promozione.
L'aiuto che i sacerdoti devono dare quindi consiste nell'illuminare il fedele perché individui quei valori umani fondamentali che oggi in Regione meritano di essere preferibilmente e maggiormente difesi e promossi, perché maggiormente misconosciuti o calpestati. Il Magistero della Chiesa è riferimento obbligante in questo aiuto al discernimento del fedele.
Ma il sacerdote deve astenersi completamente dall'indicare quale parte politica ritenga a suo giudizio che dia maggior sicurezza in ordine alla difesa e promozione dei valori umani in questione. Questa indicazione infatti sarebbe in realtà un'indicazione di voto.
La nostra Regione, così come l'intera nostra nazione, sta attraversando un momento difficile. Pensiamo in primo luogo e siamo vicini alle famiglie colpite da gravi difficoltà economiche; e a chi ha perduto o rischia di perdere il lavoro.
La consultazione elettorale è una occasione nella quale ogni fedele è invitato ad esercitare mediante il voto una parte attiva nella doverosa edificazione della comunità civile.
In questo modo «la carità diventa carità sociale e politica: la carità sociale ci fa amare il bene comune e fa cercare effettivamente il bene di tutte le persone, considerate non solo individualmente, ma anche nella dimensione sociale che le unisce» [Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 207]
Zenit.org

sabato 6 marzo 2010

IL DECRETO "SALVA-LISTE"

Ho sentito il dovere di intervenire nella vicenda del decreto "salva-liste" scrivendo direttamente al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Certamente è criticabile l'urgenza con la quale si è affrontata la questione, urgenza che forse sarebbe stato bene dedicare ad altre questioni ben più importanti per gli italiani, come la perdita dei posti di lavoro o la crisi economica che mette in difficoltà tante famiglie.
Inoltre è sin troppo semplice sospettare che il Governo difficilmente sarebbe intervenuto se le liste escluse fossero state quelle di altri partiti, cosa che è avvenuta più volte in passato senza che nessun Consiglio dei Ministri si fosse sentito chiamato ad interpretare le norme esistenti.

La cosa più grave però è il fatto che gli italiani d'ora in poi dovranno pensare che le regole vengono fatte rispettare solo ai "deboli", mentre i "forti" possono liberamente interpretare le leggi e aggirare le norme.
Ed è totalmente fuorviante l'argomentazione secondo la quale senza le liste del Pdl si lede il "diritto di voto" dei cittadini poiché era proprio responsabilità dei rappresentanti del Pdl adoperarsi per raccogliere le firme, secondo le regole, dando così ai cittadini una maggiore possibilità di scelta.
Chi ha sbagliato, per altro, non ha nemmeno chiesto scusa nè è stato rimosso dall'incarico, segno ancora più evidente dell'arroganza di chi rivendica solo diritti ma nessun dovere.
Quando dovevo sostenere gli esami universitari cercavo sempre di essere puntuale, anche perché sapevo che se fossi arrivato in ritardo sarei stato giustamente escluso dalla prova.
Non è mai successo, ma se questo fosse accaduto avrei potuto protestare sostenendo che mi veniva negato il "diritto allo studio"? Io non credo.

Per questi motivi ho rivolto una rispettosa ma ferma protesta nei confronti del Capo dello Stato per aver firmato il decreto che il Governo ha voluto emanare.

giovedì 4 marzo 2010

QUANDO LE LISTE LE PRESENTAVANO I "PROFESSIONISTI"

Riprendo dal "Messaggero" alcuni brani di un articolo che ricorda i tempi della Prima Repubblica, quando andava tutto male ma forse andava meglio di ora!
Nella Dc si chiamavano «funzionari di segreteria tecnica». Un nome modesto che però racchiudeva una grande autorevolezza interna: erano pagati dalla sede centrale pur essendo dislocati uno per ogni provincia, potevano dire di no al leader cittadino o regionale pro-tempore in nome del partito, erano loro i fiduciari, i detentori del simbolo, nel momento cruciale della presentazione al tribunale. Nel Pci, dove la struttura funzionariale era più ampia, veniva selezionata all’interno la rete dei corrispondenti dell’«ufficio elettorale centrale». Erano loro gli incaricati di depositare simbolo e liste, oltre che di predisporre e preparare la rete dei rappresentanti di lista nei seggi. Autentici professionisti del ramo. Conoscitori fin nel dettaglio di leggi e procedure. Guidati peraltro da personaggi mitici, per quanto poco noti alla storiografia maggiore: fra tutti Gaetano Vannucchi, funzionario capo della Dc di De Mita e Forlani (poi, dopo la pensione, passato a Forza Italia) e Celso Ghini, storico capo dell’ufficio elettorale del Pci (che quando non esistevano gli exit poll anticipava il risultato prima del ministero dell’Interno).Ecco, in quei tempi un pasticcio come quello del Pdl a Roma sarebbe stato impensabile. È vero che stavolta hanno pesato in modo decisivo i contrasti interni al Pdl. Ma anche allora la formazione delle liste era tormentata. Soprattutto nella Dc, dove le correnti si davano battaglia soprattutto sulle liste. Proprio per questo, però, l’organizzazione «fanfaniana» del partito aveva concepito una struttura di funzionari «neutrali». E aveva affidato loro il ruolo di rappresentanza nel momento cruciale del deposito delle liste. Momento che si preparava come un rito religioso: molti ricordano che il delegato spariva nelle 24 ore precedenti al deposito, dopo aver ricevuto la delega firmata dal segretario nazionale.La preparazione specifica era poi molto intensa. Nicodemo Oliverio, funzionario capo dopo Vannucchi e ora deputato Pd, ricorda prima delle elezioni dell’83 un ritiro di quindici giorni a Rocca di Papa di tutti i funzionari Dc. E certo alle Frattocchie non erano da meno. Il livello era tale che al Viminale spesso si consultavano con i responsabili di Dc e Pci per verificare l’interpretazione della legge. Anche l’austerità era un tratto della professionalità. «In federazione - ricorda Marco Minniti - chiamavamo il nostro delegato l’”uomo di Mosca”». Per tanti aspetti simili, avevano però una grande diversità professionale: i comunisti si preparavano per arrivare primi e conquistare così il posto in alto a sinistra, i democristiani per arrivare un minuto prima della chiusura e conquistare il posto in basso a destra sulla scheda.

di Claudio Sardo - Il Messagero

lunedì 1 marzo 2010

SI TORNA A PARLARE DI PREFERENZE

Il candidato alla Presidenza della Giunta Regionale del Pd toscano, Enrico Rossi, si è detto favorevole al ripristino del voto di preferenza.
Siamo d'accordo, anzi siamo talmente d'accordo che l'Udc è stato, negli ultimi sei anni, l'unico partito che, attraverso i propri rappresentanti in Regione, ha combattuto contro una legge elettorale che toglie agli elettori qualsiasi possibilità di scelta.

Con l'attuale sistema le oligarchie di partito selezionano i candidati in base a logiche interne che nulla hanno a che fare con la rappresentatività.

Anche questa volta molte liste, non quelle dell'Udc, sono composte da "amici" di qualche leader nazionale che, in questo modo, si crea una corte di fedelissimi senza che questi rappresentino tuttavia null'altro che se stessi.

Allora vogliamo dire a Rossi e alla sua coalizione che noi siamo pronti a fare la nostra parte ma è venuto il momento che anche lui faccia la sua.

Se veramente crede in quello che ha detto prometta subito che, in caso di vittoria, modificherà la Legge elettorale nei primi cento giorni, ripristinando il voto di preferenza.

Noi saremo sicuramente della partita.

martedì 23 febbraio 2010

LA NOSTRA SQUADRA

La squadra dei candidati alle elezioni regionali: da sinistra a destra, Silvia Corradini, Daniele Pinetini, Renata Fabbri in Tarocchi e Federico Gorbi

sabato 20 febbraio 2010

Perché ho scelto di candidarmi

Credo in un Centro, libero da condizionamenti di alleanze innaturali, che possa esprimere con vigore un progetto concreto d’innovazione nella gestione della cosa pubblica e possa difendere nel Consiglio Regionale della Toscana quei valori che oggi la società rischia progressivamente di smarrire.
Credo che un voto all’Unione Di Centro significhi rendere più numerosa la nostra rappresentanza in Regione, significhi dare più voce a chi non si rassegna all’egemonia politico-culturale della sinistra che, dopo anni di potere senza alternanza, mostra la corda e, troppo spesso, mortifica competitività e sviluppo.
L'Unione di Centro affronta questa campagna elettorale da sola, in piena autonomia, distinta da un cartello PD-PDL, che, con un patto incomprensibile ha approvato una legge elettorale che elimina il voto di preferenza.
Noi abbiamo un’idea diversa rispetto a chi ha governato fino ad oggi la Toscana, ma diversa anche da chi dice, a parole, di voler cambiare le cose salvo poi fare scelte e imporre candidature che hanno come unico effetto quello di lasciare che niente possa cambiare.
Per questo ho deciso di candidarmi, per una democrazia qualitativamente migliore, fra i due Poli opposti, perché deve potersi affermare un Centro forte che rompa questa stagnante situazione e ricrei mobilità nella politica, rilanciando il gusto della partecipazione, del confronto e dell'iniziativa.

Se la pensi come me, vota Unione Di Centro.

Unione di Centro di Pistoia ha presentato la lista dei candidati per le Regionali

Questi i quattro candidati che l'Unione di Centro di Pistoia ha presentato in vista delle prossime elezioni Regionali:

Renata Fabbri
nata a Tizzana il 13/02/1958, residente a Quarrata.
Sposata, tre figli.
Diploma Maturità Liceo Scientifico.
Master in comunicazione e cultura Università Lateranense.
Dipendente amministrativo Amministrazione Provinciale di Pistoia.
Attività di volontariato con la Croce Rossa Italiana; attività di collaborazione con Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Diocesi di Pistoia; attività di collaborazione con il COPERCOM (Coordinamento delle Associazioni per la Comunicazione della Conferenza Episcopale Italiana) come animatore comunicazione e cultura.
Consigliere comunale a Quarrata (dal 1980 al 1989 e dal 2002 al 2007).
Componente Consiglio dei Delegati del Consorzio di Bonifica Ombrone Pistoiese e Bisenzio fra il 2006 e 2007.

Daniele Pinetini
nato a Pistoia il 27/02/1966, residente a Pieve a Nievole
Celibe.
Laureato in Scienze Politiche (Indirizzo Politico- Amministrativo) Università degli studi di Firenze Cesare Alfieri.
Master Universitario di II livello in Auditing e controllo interno Facoltà di Economia dell'Università di Pisa.
Funzionario pubblico dell'Amministrazione Provinciale di Pistoia.
Volontario Centro Ascolto della Caritas di Pieve a Nievole.

Silvia Corradini
nata a Firenze il 14/03/1976 residente a Pescia.
Nubile.
Diploma di Liceo Linguistico.
Iscritta all'Università, corso di studi per Assistente sociale.
Master “Itinera” della Comunità Europea per la creazione di un'azienda di servizi all'infanzia della quale è stata Presidente per due anni.
Responsabile amministrazione e organizzazione della Libera Professione all'interno delle Aziende Ospedaliere di Pescia e Pistoia.
Assessore al Volontariato, Politiche familiari, Pari opportunità del Comune di Pescia

Federico Gorbi
nato a Prato il 27/02/1968 residente a Casalguidi.
Sposato, due figli.
Laureato in Scienze Economiche e Bancarie Università degli Studi di Siena.
Promotore finanziario e agente assicurativo.
Due volte Consigliere Provinciale (1995-1999 e 1999-2004) e due volte consigliere Comunale (a Serravalle Pistoiese e Quarrata).
Presidente Regionale della Toscana del Movimento Cristiano Lavoratori dal 2005 al 2009.
Presidente provinciale di Liberal

Bosi: “Si conferma che il PDL non fa opposizione”

“Monica Faenzi si lamenta che le vicende giudiziarie di questi giorni inquinano la campagna elettorale. Comprendo il suo imbarazzo, ma come tacere che ciò che va emergendo in questi giorni non sia importante per capire molte cose: prima fra tutte la non opposizione del Pdl in Regione e poi le intese politiche Pd-Pdl per l’eliminazione del voto di preferenza per avere “solo uomini fedeli”. A contrastare queste intese è stato solo l’Udc che oggi è davvero l’unica alternativa per il cambiamento”.

Udc: Casini, a fine anno nasce il partito nuovo

"E' cambiata l'anima dell'Udc.
Stiamo creando qualcosa di nuovo. A fine anno ci sara' un partito nuovo che ha caratteristiche diverse, ma ha una continuita' importante: e' un partito moderato che difende l'identita' cristiana dell'Italia, e allo stesso tempo vuole un progetto di modernizzazione del Paese". Lo ha annunciato il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini oggi alla presentazione della candidatura del segretario regionale Antonio De Poli alla presidenza della Regione Veneto. (Adnkronos)

Corruzione: Casini, provvedimenti seri, in troppi rubano

Il leader dell'Udc Pierferdinando Casini, oggi a Mestre per la presentazione delle liste regionali e comunali, ha sollecitato 'provvedimenti anti corruzione che non siano l'ennesimo stop come quello sul piano casa'. 'Bisognava costruire migliaia di case, sono tutte li' e non si e' fatto nulla - ha detto - oggi chiediamo provvedimenti seri contro la corruzione, c'e' troppa gente che ruba in nome della politica: fuori i mercanti dal tempio'. Per Casini, 'ci vuole una linea dura contro la corruzione, ma ci vogliono soprattutto fatti seri'.
'Troppa gente ruba in nome della politica, al di la' delle esigenze della politica, ma solo per finalita' personali - ha aggiunto - bisogna che si intervenga duramente con norme tempestive e serie'.(ANSA).

Corruzione: Pezzotta, serve campagna nazionale onesta'

'Non so se il capo della protezione Civile sia colpevole, oppure no. Cio' lo stabilira' la magistratura. Ma e' terribile cio' che ruota attorno ai cittadini: questi ultimi vedono elementi corruttivi che si muovono, non di meno anche in Lombardia. Per questi motivi serve una grande campagna nazionale di onesta''. Lo ha affermato da Sondrio Savino Pezzotta, candidato Udc alle regionali in Lombardia.
'Questo sistema bipolare non funziona - ha sottolineato Pezzotta -. E' un sistema bipartitico che alimenta le risse e allontana la gente dalla politica. Noi, alle elezioni, non corriamo da soli, ma andiamo alla competizione elettorale in modo autonomo. Siamo una piccola forza, ma vogliamo essere forza determinante'.(ANSA).