
Nell'incontro sono circolati i dubbi, le paure, le esasperazioni, le
angosce che sono scaturite con l'incendio del 4 luglio.
E che non si sono ancora spente, come le
fiamme domate nella discarica. I problemi “bruciano” ancora e le
rassicurazione del dopo-incendio non li hanno certo disinnescati.
Il gruppo di minoranza “Serravalle Popolari e Riformisti”
aveva chiamato a raccolta i cittadini per ascoltare opinioni e
proposte, in vista del prossimo consiglio comunale di mercoledì 27.
E
nella Sala Francini, davanti a una ottantina di persone, si sono messi
in fila soprattutto i dubbi irrisolti, le questioni ancora aperte.
Le voci che si sono sentite non sono
state solo quelle dell'opposizione (come era naturale aspettarsi), ma ci
sono stati interventi trasversali. Perché, come qualcuno ha
sottolineato, “la discarica non è né di destra nè di sinistra”. E i temi
della sicurezza non hanno bandiera. Così accanto ai simpatizzanti di
“Popolari e riformisti”, si sono sentiti esponenti di Rifondazione, dei 5
Stelle, dei Verdi, di Forza Italia, della Lega, dello stesso Pd.
Sul tavolo “il grande malato”, la
discarica con i dubbi che le ruotano attorno, con lo strascico di
incetezze e interrogativi che ancora si aggirano al di là e al di qua
dei cancelli chiusi.
E così sono venute fuori anche proposte
impossibili, ma che danno il segno dello stato d'animo che circola alla
“periferia” del Cassero: qualcuno ha proposto un referendum per chiedere
ai cittadini se vogliano o no la discarica; altri hanno avanzato l'idea
di una autotassazione della gente per rifare da zero tutte le analisi
sui materiali stoccati e sulla “salute” di falde e terreni; altri ancora
hanno tagliato corto sostenendo che la gestione della discarica ha
sbagliato tutto e l'impianto non deve riaprire. Mai più.
Con la paura-diossina, un fantasma che si
è aggirato, diffusamente, nella sala Francini è stato anche il ruolo
dell'Arpat: “non mi fido dell'Arpat” - ha detto una voce; “i controlli
li fa l'Arpat e nessuno si fida dell'Arpat” - ha ribattuto un altro
intervento. Una sfiducia diffusa, che gli stessi organizzatori
dell'assemblea hanno provato ad arginare.
Tentativo difficile perché alle certezze
si mischiano sempre - in questi casi - mezze verità, voci di corridoio e
paure imprescrutabili. Un mix esplosivo. Il rappresentante della Lega
Nord ha detto, ad esempio, che gli effetti della diosssina si vedono
dopo parecchio tempo: e ha portato il “suo” esempio con la Mas di
Bottegone, dove – sono parole sue - “gli effetti si sono visti un anno e
mezzo dopo, con la nascita dei bambini; dati questi che non sono mai
stati forniti”.
Al di là di questo tipo di allarmismo,
che ha percorso quelche intervento, il segno dell'assemblea di
Casalguidi è stata la voglia di capire. Perché l'incendio? Perché la
falla nella sicurezza? Quali materiali sono bruciati? In molti - a
partire dallo stesso Federico Gorbi – considerano sommaria (e poco
credibile) la ricostruzione che parla di incendio doloso. “Se poi ci
fosse dolo – ha aggiunto Gorbi – allora vuol dire ingresso nella
discarica di una cultura mafiosa o eco-mafiosa. E chi ci garantisce che
non potrebbe succedere ancora”?
E dunque torna in ballo l'autocombustione
- sulla quale non ha dubbi Antonio, storico esponente
dell'ambientalismo d'assalto pistoiese – che pensa a un impianto di
recupero del biogas con mille falle.
Dunque allora soprattutto garanzia di
sicurezza. E non sono piaciute le frasi dell'assessore all'ambiente
della Regione Federica Fratoni, che ha detto che l'impianto deve
riprendere a funzionare prima possibile.

In questo ambito più volte è stato
accennato al ruolo del Comitato di controllo: “negli ultimi anni – ha
detto Patrizio Rafanelli – la Presidenza è andata alla maggioranza e non
sarebbe male invece che tornasse, come era qualche anno fa,
all'opposizione”.
“Discarica del Cassero, cosa fare?” era l'argomento dell'incontro promoisso dal gruppo “Serravalle Popolari e riformisti”.
E certo i due consiglieri che hanno condotto l'assemblea, Federico
Gorbi e Patrizio Rafanelli, arriveranno al prossimo Consiglio comunale
sulla discarica con l'agenda piena di proposte da mettere sul piatto e
di cui si faranno portatori.
Fra tutte naturalmente le garanzie di
sicurezza, il ruolo-chiave del comune, le certezze per il futuro
(comprese le assicurazioni “post mortem”, alla chiusura della
discarica). In ballo sarà tirata anche quella che sia Gorbi che
Rafanelli hanno considierato una lacuna da colmare: la mancanza a
Serravalle di un piano di emergenza di Protezione civile. “Fra la Dife
da una parte, la discarica nel mezzo, e l'inceneritore di Montale
dall'altra, il nostro territorio è assediato da possibili emergenze.
Dobbiamo avere strumenti per affrontarle”.
(tratto dall'articolo di Marzio Dolfi Report Pistoia )
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