Ripropongo un articolo, vecchio di qualche mese ma sempre attuale, sulle responsabilità che stanno alla base della nascita del fenomeno Isis.
Franco Cardini, Direttore del Centro di Studi sulle Arti e le Culture dell’Oriente
dell’Università Internazionale dell’Arte di Firenze e storico di fama
mondiale, cerca di dare alcune risposte che, rilette all'indomani della strage di Parigi, devono far riflettere sulle colpe che risiedono anche in occidente oltre che nell'uso strumentale della religione.
"Usare il nome di Dio per giustificare l'odio è una bestemmia" ha giustamente detto Papa Francesco.
Anche usare gli uomini per meri interessi economici è una bestemmia e il prezzo si paga prima o dopo.
In questo momento così delicato per gli equilibri del Mediterraneo
abbiamo intervistato una delle voci più auterevoli. Franco Cardini è
il Direttore del Centro di Studi sulle Arti e le Culture dell’Oriente
dell’Università Internazionale dell’Arte di Firenze e storico di fama
mondiale.
Dalla strage di Charlie Hebdo all'attentato di Sousse è evidente
che l'Europa ha la guerra dell’Is in casa. Quali sono le responsabilità
dell’Occidente in tutto ciò?
Sia i governi europei che quello americano hanno delle responsabilità
non solo recenti, ma che iniziano nel periodo post-coloniale del Medio
Oriente. Il peccato originale fu quello di voler fare delle vecchie
colonie dei nuovi protettorati economico-finanziari. Gli inglesi
soprattutto tentarono di mantenere de facto il controllo di quelle zone,
negando l’anima islamica di quel mondo e a seguito di ciò nacquero i
primi movimenti islamisti, come i Fratelli musulmani in Egitto. Da
allora fino ai nostri giorni le forze occidentali hanno trattato
strumentalmente il mondo islamico, facendo i propri interessi. Ancora
oggi si pensa che il fondamentalismo sia strumentalizzabile. Gli Stati
Uniti, per esempio, favorirono lo stabilirsi degli jihadisti provenienti
dallo Yemen e dall’Arabia Saudita in Afghanistan durante la guerra
contro l’Unione sovietica, per trasformarla in una guerra santa
anti-russa. Essa fu vinta, ma gli jihadisti rimasero e formarono il
movimento dei talebani che fino a metà degli anni Novanta fu appoggiato
da Washington. Poi i talebani si svincolarono avvicinandosi alla Cina,
cosa che ha portato all’11 settembre e a tutte le conseguenze che oggi
abbiamo sotto gli occhi.
Cos’è mancato invece all’Europa nella comprensione del mondo arabo e dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo?
L’Europa non ha capito cosa realmente stia succedendo. In molti pensano
che l’unico nemico del Califfato
sia l’Occidente.
Ciò è errato e i fatti
di questi giorni lo mostrano chiaramente. La maggior parte delle
vittime sono infatti di religione musulmana. Gli attentati in Kuwait e
Somalia mostrano una forte lotta che è in corso tra sciiti e sunniti,
oltre che tra jihadisti e moderati. C’è in atto una guerra civile
all’interno del mondo islamico che spinge migliaia di persone in bocca
ai fondamentalisti, molti dei quali offrono un programma sociale ed
economico fondato sul prestito senza interessi delle banche islamiche
che attrae tantissimi giovani. Quello che l’Europa non ha capito è che
non c’è solo fanatismo violento, ma anche proposte di alternativa al
mondo occidentale.
Esistono invece proposte di alternativa al mondo occidentale anche tra i cosiddetti islamici moderati?
Esistono, per esempio nel socialismo arabo che si ispira a Nasser che
oggi è ripreso dal presidente della Siria Assad e che era stato fatto
proprio da Saddam Hussein e Gheddafi. Certo Saddam e Gheddafi erano
dittatori sanguinari, ma mettevano in prima istanza l’appartenenza
nazionale e non la religione e mantenevano uno stato sociale fatto di
scuole, università, assistenza e comunicazione che strappava i giovani
dall’estremismo ed erano per questo un argine contro il Califfo. Di
fatto erano in grado dimantenere la pace. Oggi Assad, che è l’unico
ancora in vita, è inviso dall’Occidente perché amico dell’Iran e nemico
della Turchia che è membro della Nato. E’ qui il grande problema: paesi
come Turchia e Arabia Saudita sono alleati dell’Occidente che però
combattono Assad e di conseguenza favoriscono l’Is.
Chi sono dunque i veri alleati dell’Is? E da dove prende i soldi?
Esistono delle complicità finanziarie e economiche tra il Califfato e
alcuni stati alleati dell’Occidente, tra cui Turchia, Arabia Saudita e
Qatar. Quello che l’Is sta facendo al livello geografico è di
ridisegnare il territorio di Iraq e Siria a favore dei paesi citati e a
discapito di Assad. Il Califfo però è sempre più forte, tanto da poter
porre le condizioni ai propri alleati. Vuole essere l’unico
rappresentante dell’Islam radicale e sta tentando di egemonizzare il
mondo islamico sotto la sua guida. Nel Medio Oriente sta incontrando
difficoltà grazie alle resistenze di Assad e dei curdi, ma sta ottenendo
grandi consensi in Africa, dove gli stati sociali sono meno sviluppati
se non inesistenti, come in Somalia. Non è un caso che sia in quelle
regioni che abbiano origine i flussi migratori che sbarcano sulle nostre
coste.
Immigrazione e diffusione del Califfato sono dunque collegate. Quali sono le contromosse con cui bisognerebbe rispondere?
La guerra si vince con l’intelligence e non con i bombardamenti a
tappeto. E’ una guerra prima di tutto ideologica da vincere con il soft
power e non con le dimostrazioni di forza. Chiudere 80 moschee in
Tunisia, come è avvenuto, fa il gioco del Califfo, al quale si regalano
simpatie. Fare lo stesso in Italia, come ha suggerito una certa stampa
di destra, vorrebbe dire aumentare il rischio. Il Califfo sta alzando il
tiro perché vuole che i governi occidentali rispondano con misure dure e
indiscriminate come queste che gli porteranno consensi. Più la tensione
si alza, più porterà avanti politiche di crudeltà per indurre a
reazioni sbagliate. Dicono bene Obama e Papa Francesco quando invitano
al dialogo con l’Islam moderato.
Alcuni politici invitano a una nuova crociata contro l’Islam.
Le conseguenze di ciò le abbiamo già sperimentate con la dottrina Bush,
che prevedeva l’identificazione di un grande nemico per giustificare il
proprio espansionismo geopolitico. Quando ha identificato il nemico
nell’Islam ha invocato a una nuova guerra santa, esattamente come fa
oggi il l’Is. Parlare di guerre sante e di soluzioni indiscriminate è
sbagliato dall’una come dall’altra parte. Bush attaccando il mondo
islamico ha fatto il gioco del Califfo, che tagliando gole fa il gioco
della dottrina Bush. Leggo con preoccupazione che essa sta tornando ad
essere maggioritaria all’interno del Congresso americano. L’Is va
combattuta militarmente, ma agli islamici moderati va aperto il dialogo,
altrimenti ci troveremo sempre più jihadisti in Europa.
In Europa la politica di destra ritiene sia possibile che gli jihadisti si mimetizzino ai migranti sui barconi. E’ possibile?
E’ possibile, ma non dobbiamo dimenticare che le cellule jihadiste in
Europa ce le abbiamo già. Purtroppo la destra europea pensa a creare
consenso e non a risolvere la situazione. Una soluzione che dovrebbero
proporre se volessero tentare di risolvere gli eccessi dei flussi
migratori è di individuare i veri motivi per cui queste genti scappano e
attaccare i veri responsabili. Uno di questi è certamente il Califfo,
ma che riesce a radicarsi in un’Africa resa allo stremo dagli interessi
di multinazionali che ne hanno sfruttato le risorse e costretto le
popolazioni alla fame.