lunedì 28 dicembre 2015

PRESEPE OFFESO

Non è la prima volta. In fondo non ha niente da temere. 

Offende, insulta, irride. In nome della libertà di stampa e di espressione, crede che tutto gli sia permesso. 

Poi, male che vada, a difenderlo ci penseranno gli amici di sempre. Stiamo parlando di Vauro Senesi. 

Il disegnatore ha pubblicato, alla vigilia di Natale, su “il Fatto quotidiano”, una vignetta con uno strano presepe.

La Sacra Famiglia, infatti, è composta da due uomini e il Bambino. Manca la figura femminile, Maria. Non occorre essere indovini per capire dove vuole andare a parare. La didascalia, infatti, recita: «Grecia. Legalizzate le unioni civili tra persone dello stesso sesso».

Si è liberi di credere o di non credere. Non si è però liberi di offendere coloro che su quel Bambino si stanno giocando la vita. Non è un bene irridere la fede degli altri. Gli uomini – quelli veri – hanno imparato che nessuno ha il diritto di offendere nessuno. 
I cristiani – quelli veri – si sforzano di non farlo nemmeno in risposta alle offese ricevute. Non conviene però approfittare di questa situazione.

Ma Vauro sa bene che a offendere i cattolici, a differenza di qualche altro, non si rischia niente. 
Sa, che i cristiani quando vedono derisi i fondamenti della loro fede, si rattristano e soffrono, ma non si vendicano. 
Sa che prendere di mira la Chiesa cattolica e i suoi rappresentanti tira sempre. Se poi ci sarà maretta, tanto meglio. Un bel polverone mediatico per ritornare a galla, dopo anni di ripetitività e declino, fa sempre comodo. In questo modo, però, non si va da nessuna parte. Semplicemente non serve a nulla di buono. Anzi, fa decisamente male.

Leggo su facebook commenti di persone rimaste amareggiate, arrabbiate, addolorate dalla vignetta. Le domande sono secche. 

Che diritto ha il signor Vauro Senesi di offendere – proprio nel giorno in cui i cattolici celebrano il Natale – la loro fede? 

Che diritto ha il quotidiano che lo ospita, di strumentalizzare la festa della Nascita di Gesù per propagandare il proprio favore per pratiche usate per dare “figli” a coppie dello stesso sesso, cancellando per principio o la madre o il padre di quegli stessi bambini? 

La risposta a entrambe le domande è la stessa: nessuno diritto, e un dovere di civiltà violato. 

Maurizio Patriciello (Avvenire)

P.S.: la vignetta non fa nemmeno ridere, è scontata, banale, dozzinale. Tutto il genio umoristico che viene attribuito a Vauro si esprime in così poco?

Federico Gorbi

venerdì 25 dicembre 2015

BUON NATALE DI PACE A CHI SOFFRE NEL MONDO

venerdì 11 dicembre 2015

MONTALBANO INQUINATO

Il Montalbano è un patrimonio ambientale importantissimo che va salvaguardato.
Anche il Comune di Serravalle deve fare la propria parte e, proprio per questo, ho presentato un interrogazione per capire meglio e per intervenire su una situazione di smaltimento abusivo di rifiuti proprio nel nostro territorio.





Al Sindaco del Comune di Serravalle Pistoiese

All'Assessore all'Ambiente del Comune di Serravalle Pistoiese



OGGETTO: INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE



Ho appreso dagli organi di informazione (Linee Future) la notizia della presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica di Pistoia per reati contro l'ambiente.

L'area che risulterebbe inquinata è quella relativa alle ex Cave Bruni dove alcuni cittadini dichiarano che nel tempo sarebbero stati smaltiti abusivamente diversi rifiuti anche di natura industriale.

Sul posto si possono osservare, a detta degli stessi abitanti del luogo, diversi pneumatici, batterie al piombo, materiale ferroso di diversa origine ed altro materiale difficilmente identificabile.

Tenendo conto del fatto che l'area sarà interessata ad un piano di recupero ambientale, secondo quanto approvato dal Consiglio comunale,

                                                        CHIEDO

·se l'Amministrazione comunale ha mai provveduto ad effettuare un riscontro di quanto è stato segnalato;
·se si intendano effettuare test di verifica per controllare il livello di inquinamento del terreno e delle acque del Fosso Spina;
·se è stato mai accertato il fatto che i rifiuti vengano tutt'ora abbandonati in zona senza le necessarie autorizzazioni;
·come si intende agire, qualora le circostanze fossero confermate, per la bonifica ambientale della zona.



                                                                  Federico Gorbi
                                          Capogruppo Serravalle Popolari e Riformisti

giovedì 3 dicembre 2015

ANCORA SU FALCE E MARTELLO: COSA INSEGNA LA NOSTRA SCUOLA?

Torno sul tema del disegno raffigurante la bandiera comunista all'interno della Scuola Media "Enrico Fermi" di Casalguidi.

La Dirigente Scolastica ha giustamente spiegato i motivi didattici che hanno portato gli alunni a realizzare alcuni disegni, interpretando gli articoli della Costituzione Italiana.

Secondo la professoressa Lucia Maffei "i ragazzi hanno semplicemente rappresentato il lavoro, enunciato dall'Articolo 1 della Costituzione, mediante la falce e il martello, poiché così credevano che fosse rappresentativo nell'immediato dopoguerra".

La spiegazione è ineccepibile.
Mi sorge però un dubbio.
Cosa viene insegnato ai nostri ragazzi a scuola?

Per capirci voglio ripercorrere in breve come si è arrivati alla stesura dell'Articolo 1 della Costituzione Italiana.
A conferma di quanto sostengo chiunque può verificare direttamente la fonte.  Gli atti della Costituente sono infatti pubblicati integralmente sul sito: La nascita della Costituzione
 
Il 16 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, nel proseguire la discussione sui principi dei rapporti sociali ed economici, affronta la questione del lavoro. 
La Pira (Dc) propone questo articolo: «Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale, e la sua partecipazione, adeguata negli organismi economici, sociali e politici, è condizione del nuovo carattere democratico».
Alla successiva riunione della Sottocommissione, il 18 ottobre, Togliatti (Pci) si dice convinto che si debba porre al principio della Costituzione la seguente definizione: «Lo Stato italiano è una Repubblica di lavoratori». 

La formulazione di La Pira gli pare insufficiente perché, sostiene Togliattigli sembra di trovarsi di fronte non ad una affermazione politica di volontà del legislatore, ma quasi ad una constatazione di fatto”.

Dossetti (Dc), che aveva concorso alla formulazione della proposta La Pira, precisa che con l’espressione: «Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale», si intende esprimere non semplicemente una constatazione di fatto, ma un dato costitutivo dell’ordinamento, un’affermazione cioè di principi costruttivi.

Il liberale Lucifero D’Aprigliano obietta (da liberale): "Tutti coloro che partecipano alla produzione sono «lavoratori» (meno l’azionista puro, gli inabili e i malati), dal presidente del consiglio di amministrazione fino all’ultimo usciere della società". 
Per D'Aprigliano, stabilito il principio che tutti sono lavoratori, in quanto uomini, il lavoro, inteso come manuale, non deve considerarsi preminente sugli altri fattori della produzione.

Va quindi in votazione, e viene approvato, l’articolo proposto da Togliatti con gli emendamenti suggeriti da lui e da La Pira: «Il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici sociali e politici è il fondamento della democrazia italiana».

Il 28 ottobre la Sottocommissione torna a discutere l’art. 1, e Togliatti ripropone la formulazione “Repubblica di lavoratori”. 

Moro (Dc) propone con successo una mediazione che verrà approvata a fine seduta: «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica. Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori all’organizzazione economica, sociale e politica del Paese».

Il 22 gennaio 1947 si riunisce in seduta plenaria la Commissione per la Costituzione. 
Togliatti ripropone senza successo la sua formulazione. 

Il 24 gennaio la Commissione approva il testo definitivo: «L’Italia è una Repubblica democratica. La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Il 4 marzo l’Assemblea Costituente inizia la discussione generale del progetto di Costituzione; il 22 marzo, quando arriva in discussione l’art. 1, Fanfani e Moro (Dc) presentano con altri l’emendamento poi approvato: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».

In conclusione possiamo tranquillamente dire che l'art. 1 della nostra Costituzione è frutto di una proposta democristiana e non comunista. Ebbe il voto favorevole da parte della Democrazia Cristiana, del Partito Comunista e del Partito Socialista.

La formulazione proposta da Togliatti e dal Pci («Lo Stato italiano è una Repubblica di lavoratori»), invece intendeva evocare l'unità di classe, la volontà di congiungere classe operaia e contadini e, soprattutto, la vicinanza alle formule usate in Unione Sovietica e negli  Stati del blocco dell'Est.

Non pretendo che in una scuola media si affronti l'argomento in modo così approfondito ma, visto che si intende sottolineare la qualità della nostra Costituzione, un docente preparato ed accorto avrebbe almeno riportato gli alunni ad una raffigurazione artistica più in linea con il tema (si potevano disegnare dei lavoratori? si potevano disegnare alcuni strumenti di lavoro, e non solo falce e martello?).

Invece così le giovani menti degli alunni di Casalguidi sono state indotte a credere ad un falso storico che, siamo sicuri, nelle scuole che andranno a frequentare nei prossimi anni potrà essere corretto da professori prudenti e competenti.

Il livello di preparazione e di capacità tra i politici del 1946 era molto, molto alto. Tra i “padri costituenti” c’erano, tra gli altri, Amintore Fanfani, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini, Aldo Moro, Ugo La Malfa, Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Emilio Lussu, Fausto Nitti, Piero Calamandrei, Lelio Basso, Giuseppe Saragat, Pietro Nenni, Luigi Einaudi, Giorgio Amendola, Sandro Pertini, Leo Valiani, Vittorio Emanuele Orlando, Giovanni Gronchi.
 
Erano comunisti, liberali, democristiani, socialisti, repubblicani ma, tutti insieme, seppero scrivere la carta fondamentale della nostra Repubblica.
Abbinare la Costituzione, o parte di essa, a uno solo dei simboli che rappresentavano è una mancanza di rispetto verso questi uomini.