sabato 17 dicembre 2011

L'UDC DI SERRAVALLE VERSO LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE

Negli ultimi tempi sono uscite molte notizie riguardanti le prossime elezioni amministrative del Comune di Serravalle Pistoiese.

Le ipotesi che vengono fatte sono molte e osserviamo con rispetto quanto viene detto dagli altri interlocutori politici e dal Comitato cittadino di Serravalle.

Per l’Udc saranno possibili alleanze solamente con quei soggetti che vorranno interpretare una politica che voglia e che sappia mettersi al servizio del bene comune, superando gli schemi ideologici e di schieramento che oggi, più che mai, non funzionano e non danno risposte alle esigenze dei cittadini.

Con queste poche righe vogliamo indicare la cornice programmatica generale che desideriamo sottoporre prima di tutto ai cittadini e poi agli altri partiti.

1. Per l’Udc l’interlocutore privilegiato per l’attuazione delle politiche amministrative degli Enti locali è la famiglia. Le scelte del Comune di Serravalle dovranno essere tutte mirate a sostenere e favorire la famiglia, soprattutto in questo periodo di crisi economica.

2. Riteniamo che debba essere posta una maggiore attenzione rispetto al recente passato in merito alle questioni urbanistiche e all’uso del territorio, privilegiando il recupero del patrimonio esistente, anche attraverso un forte utilizzo delle tecnologie eco-sostenibili.

3. La cura e la manutenzione di quanto esistente dovrà essere un obiettivo che dovrà impegnare la nuova Amministrazione in ogni settore: prima di immaginare sempre e solo nuove realizzazioni è doveroso capire dove si può intervenire per mantenere efficiente quanto è già patrimonio della cittadinanza.

4. Grande chiarezza, secondo il nostro partito, dovrà essere espressa da chi si propone di dialogare con noi a proposito della discarica di Fosso del Cassero. L’Udc sostiene con determinazione la propria opposizione a nuovi futuri ampliamenti dell’impianto e richiede una maggiore e più continua attenzione da parte del Comune e degli altri Enti competenti nella fase dei controlli e delle indagini anche sanitarie sulla popolazione.

5. Le scelte della nuova Amministrazione dovranno infine essere condivise in un percorso di reale partecipazione: non è facendo qualche assemblea cittadina con proposte preconfezionate che si può parlare di percorso partecipativo. E’ necessario invece saper ascoltare le diverse istanze e poi avere la capacità di fare sintesi nel rispetto dell’interesse generale.

Ci auguriamo che queste linee generali possano essere comprese e condivise da parte dei singoli cittadini, delle associazioni, dei comitati civici e dei partiti.

Rimaniamo certamente aperti al confronto con tutti, pur restando assolutamente fermi sui nostri valori fondamentali, sperando che quanto detto possa diventare patrimonio comune.

UDC Serravalle Pistoiese

sabato 10 dicembre 2011

NUOVA ICI CONTRO LE FAMIGLIE

Questo il testo della mia lettera inviata al Presidente dell'Udc Pier Ferdinando Casini e a Gian Luca Galletti, vice-presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati.

La situazione di crisi in cui si trova il nostro Paese richiede senso di responsabilità da parte di tutti. La maggioranza dei cittadini ha compreso che i sacrifici sono indubbiamente necessari perché l’Italia possa risollevarsi e tornare ad essere un interlocutore serio e credibile con gli altri partner europei.

Il nostro partito da tempo aveva richiesto un Governo di unità nazionale che potesse rappresentare l’occasione per aprire una stagione di riforme condivise, magari dure ma capaci di costruire un futuro solido per le prossime generazioni.

Ora che il Governo Monti ha cominciato ad operare è indispensabile che l’Udc, che per prima ha capito la necessità di aprire una nuova fase politica, sappia dare sostegno al nuovo Esecutivo.

Tenendo però conto che il Governo è composto da tecnici, non possiamo e non dobbiamo rinunciare al nostro ruolo essenzialmente politico di essere anche stimolo per più approfondite riflessioni.

I bilanci si fanno certo con i numeri ma le scelte sono principalmente politiche.

La nuova Ici, o Imu che dir si voglia, andrà a colpire maggiormente le famiglie rispetto ai single.

Ritengo che questo sia inaccettabile per chi, come noi, da sempre difende l’istituto della famiglia e con forza ha sostenuto la necessità di una fiscalità che tenesse conto del nucleo familiare.

E’ evidente che una famiglia con due o tre figli ha necessità di un’abitazione più grande per poter vivere dignitosamente.

Avrà quindi già affrontato notevoli sacrifici per acquistare la propria casa, magari con un mutuo, e invece di essere sostenuta si vedrà colpita per il fatto di possedere una proprietà che non è voluttuaria ma indispensabile.

La detrazione di 200 euro è iniqua poiché non tiene conto né del numero delle persone che vivono nella famiglia né del reddito complessivo.

Comprendo che l’urgenza del momento porti il Parlamento a dover approvare quanto proposto dal Governo, ma in un secondo momento ritengo che il nostro partito debba farsi promotore di un’iniziativa di legge per intervenire sulla normativa nel senso che suggerivo.


Federico Gorbi

Segretario Provinciale UDC Pistoia

martedì 29 novembre 2011

UDC PROTAGONISTA

Questa è la sintesi del mio intervento in occasione del Congresso provinciale dell'Udc di Pistoia, tenutosi a Quarrata il 26 novembre 2011.

Oggi inizierò raccontando una storiella Zen.

C'era una volta una gara... di rane...
L'obiettivo era arrivare in cima a una grande torre.
Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro.
Cominciò la gara.
In realtà, la gente non credeva possibile che le rane raggiungessero la cima, e tutto quello che si ascoltava erano frasi tipo: "Che pena !!! Non ce la faranno mai!".
Le rane cominciarono a desistere, tranne una che continuava a cercare di raggiungere la cima.
La gente continuava : "... Che pena !!! Non ce la faranno mai!...".
Le rane si stavano dando per vinte tranne la solita rana testarda che continuava ad insistere.Alla fine, tutti desistettero tranne quella che, sola e con grande sforzo, raggiunse alla fine la cima.
Gli altri volevano sapere come avesse fatto, così una delle altre rane si avvicinò per chiederle spiegazioni e scoprirono che... ERA SORDA!

La morale è molto semplice: sii sempre sordo quando qualcuno ti dice che non puoi realizzare i tuoi sogni.

E oggi sono felice, perché l’Udc, Pier Ferdinando Casini, tutti noi siamo rimasti sordi di fronte a chi ci diceva, appena tre anni fa, che saremmo spariti, che dovevamo scegliere se stare con Berlusconi o con Veltroni, che non avremmo avuto nemmeno un rappresentante in Parlamento o nelle amministrazioni locali. I fatti ci hanno dato ragione, abbiamo scalato la nostra torre, abbiamo realizzato il nostro sogno, abbiamo visto crollare un sistema bipolare che abbiamo sempre denunciato essere falso, litigioso ed inconcludente.

La Seconda Repubblica oggi è al tramonto con il drammatico risultato che non ha trovato soluzione a nessuno dei problemi costituzionali, politici, economici che bloccano da decenni il Paese. Dopo quasi venti anni siamo ancora un Paese che ha bisogno di essere innovato e che deve affrontare una drammatica crisi economica e finanziaria.

Molti, anche io, avevano creduto che il berlusconismo fosse la via per una rivoluzione liberale modernizzatrice del nostro Paese, grazie alla quale avrebbero dovuto prevalere il merito, l’impegno, l’ingegno. Quel mito, nel tempo, si è trasformato in un ulteriore freno allo sviluppo del nostro Paese. Oggi però possiamo affermare che questa fase politica, nel bene e nel male, è affidata al giudizio degli storici e non più alle pagine dell’attualità.

L’Unione di Centro, da tempo, aveva indicato la strada per salvare l’Italia: l’avvio di una nuova stagione politica contrassegnata dall’unità e dalla responsabilità nazionale per affrontare i difficilissimi compiti che ci attendono.

Nessuna delle coalizioni bipolari sarebbe in grado di affrontare da sola l’insieme delle misure necessarie per risolvere la crisi economica, rilanciando la produzione ed i consumi, e, contemporaneamente, per ridurre il debito, con significativi interventi di modifica al nostro sistema previdenziale e al nostro sistema fiscale, in modo particolare per quanto riguarda il lavoro.

La mia non vuole essere un’autocelebrazione dell’Udc, ma è necessario ribadire, con forza e con orgoglio, che avevamo visto bene e molto prima degli altri: questo deve darci lo stimolo a proseguire su questa strada, con un sostegno convinto al nuovo Governo che avrà il compito di riformare il sistema Italia ma che rappresenta anche un periodo di tregua che potrà pacificare finalmente la politica e il Paese.

Non voglio qui ribadire ancora una volta quali sono i principi fondamentali del nostro credo politico. Nella “Carta dei Valori”, predisposta dal nostro Consiglio nazionale, sono concentrati tutti i nostri valori, tutte le nostre convinzioni più intime, tutti i nostri sentimenti più veri.

Voglio parlare piuttosto di quali metodi, quali forme e quali sistemi vogliamo mettere in atto, almeno nel nostro piccolo della Provincia di Pistoia, perché il nostro credo sia sempre più diffuso e sempre più patrimonio comune.
Ci attendono sfide importanti: in primavera più della metà degli elettori della nostra Provincia saranno chiamati al voto per il rinnovo del Comune capoluogo e delle amministrazioni di Quarrata, Serravalle Pistoiese, San Marcello e Marliana.

Tutto questo per noi deve essere di stimolo perché riteniamo che la nostra Provincia, per posizione geografica, per rilevanza economica, per ricchezza delle risorse che provengono dalla società possa e debba essere sempre più centrale nello sviluppo complessivo della Toscana. Sul fronte delle realizzazioni concrete la Giunta della nostra Regione appare davvero poca cosa. Il Presidente Rossi sta infarcendo la legislazione regionale di tutta una serie di costrizioni burocratiche, lacci e laccioli che sono ispirati dalla volontà di limitare la potestà delle autonomie comunali a favore di un neocentralismo regionale.

Per quanto riguarda le misure per una politica a favore dello sviluppo economico e l’ammodernamento delle infrastrutture, la regione Toscana dimostra tutti i propri limiti. Per troppo tempo si è fatto finta di non capire che la crisi delle aziende toscane non è di tipo congiunturale ma ha carattere strutturale, legato alle dimensioni e alle caratteristiche familiari delle imprese; per troppo tempo si è pensato che “piccolo è bello” e che bastasse il paesaggio e le opere d’arte che i nostri avi ci hanno lasciato per sostenere la crescita.

Le strade, le ferrovie e gli aeroporti Toscani sono da decenni arretrati e non più in linea con le zone più industrializzate e moderne del Paese. Ma di questo immobilismo regionale, non si può incolpare solo la sinistra perché occorre ricordare che i maggiori alleati, prima di Martini e adesso di Rossi, sono stati Denis Verdini e il suo Pdl.

La particolare difficoltà nel costruire una seria ipotesi di alternativa alla sinistra sta tutta nella connivenza politica del centro-destra che ha sviluppato una opposizione di facciata condividendo con il Pd tutta una serie di decisioni che hanno distrutto ogni concreta ipotesi di alternanza di governo, riconsegnando di fatto al centro-sinistra quasi tutti i comuni, piccoli e grandi, che negli anni erano stati conquistati dall’area moderata, anche con il determinante apporto dell’ Udc.

La legge elettorale nazionale, ormai disprezzata dalla maggior parte dei cittadini italiani, ha la primogenitura in Toscana e gli ideatori di una tale nefandezza hanno un nome e un cognome sia a destra che a sinistra.

L’obiettivo primario anche in Toscana è sicuramente quello di costruire un’area moderata tendente a superare questo bipolarismo forzoso. Rimane da valutare, in chiave amministrativa, la realtà dei comuni sotto i 15.000 abitanti dove si vota con il sistema maggioritario a turno unico.

In questi ambiti, le alleanze dovranno essere valutate in base alla credibilità e qualità dei candidati e dei programmi. Non va comunque sottovalutato il fatto che la concreta possibilità di alternanza al governo dei territori rappresenta, in un sistema democratico, un valore in sé.

Pur rispettando i deliberati nazionali del partito e condividendo la cornice nazionale di valori e di alleanze, va sottolineato tuttavia che il senso di responsabilità ci impone di guardare alle specificità comunali e provinciali con attenzione.

Esistono infatti realtà dove si possono sviluppare ragionamenti importanti con le forze dei governi locali, dando un contributo fattivo in un momento particolarmente difficile, guardando con attenzione anche e soprattutto a quelle esperienze civiche che spesso sanno rivitalizzare il confronto politico locale, purché non siano basate su personalismi ma siano invece fondate su approfondite analisi politiche ed amministrative.

La scelta di costruire il terzo polo anche in Toscana, deve vedere il nostro partito come protagonista e motore di una aggregazione ampia e articolata capace di dialogare senza pregiudizio caso per caso, tema per tema con chi, nelle varie realtà, amministra la cosa pubblica. L’inconsistenza del centro-destra e la sua connivenza con la sinistra non può e non deve snaturare la vocazione moderata dell’Udc che non può, diventare appendice del Pdl, né tentare di scavalcarlo a destra inseguendo pregiudizi e vizi del secolo scorso.

[...]

E per quanto riguarda la nostra realtà di Pistoia propongo un percorso che prevede alcuni obiettivi chiari:

  • il partito territoriale;
  • il partito aperto;
  • il partito dei giovani;
  • il partito delle regole;
  • il partito della coerenza politica.

1 - Il partito territoriale nasce dall’esigenza che l’azione politica dell’Udc parta dai riferimenti sul territorio. Ciò significa accettare il fatto che i problemi di una località o di una zona possono essere affrontati in modo propositivo solo attraverso l’impegno di coloro che con quei problemi si confrontano quotidianamente.

Ecco quindi la necessità di proseguire con il consolidamento delle nostre realtà comunali che non significa rispondere all’esigenza strumentale di apporre bandierine su una carta geografica, ma esprime e manifesta la volontà di costituire reali punti di incontro e di confronto sui problemi del territorio e di coinvolgimento diretto delle persone su temi politici generali.

Ritengo indispensabile sviluppare, con il supporto dei nostri eletti, la costituzione di dipartimenti tematici, concreti strumenti di proposta e di coinvolgimento. Penso a dipartimenti per le politiche ambientali, per la gestione delle acque, per la sanità e le politiche sociali, per gli enti locali, per la cultura, per le attività produttive.

2 - Il partito aperto deve diventare il nostro fiore all’occhiello.

Non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo mai diventare un partito che si accontenta dei risultati raggiunti, né tanto meno un partito che si arrocca nella difesa di piccoli orticelli elettorali.

Il partito aperto ha la consapevolezza che solo l’allargamento del numero e della qualità degli amici impegnati ci può far crescere. Quindi un partito dove non ci sono sovrapposizioni di incarichi e dove la presenza e l’impegno di amici non iscritti è gradita, ricercata e incentivata, sia nei coordinamenti territoriali, che nei dipartimenti e nella formazione delle liste elettorali.

La stessa proposta di composizione del Comitato provinciale ha risposto principalmente a due criteri: la rappresentanza territoriale e la disponibilità all’impegno. Gli amici che non faranno parte del Comitato ma che sono comunque pronti a lavorare per il partito troveranno le porte spalancate e senz’altro otterranno lo spazio per mettere a disposizione le loro competenze all’interno della nostra struttura organizzativa. Quanto al partito aperto voglio però essere chiaro su una questione: bisognerà distinguere bene ed agire secondo giustizia.

Intendo dire che chi ha percorso strade diverse dalle nostre in questi anni, magari nel Pdl, sarà il benvenuto se vorrà avvicinarsi al nostro partito, ma dovrà contribuire, secondo la propria disponibilità e le proprie capacità, senza per questo pretendere riconoscimenti di meriti acquisiti altrove. Gli iscritti all’Udc sanno che questi anni sono stati davvero duri ed è doveroso che un partito riconosca il merito di chi, pur nelle difficoltà, ha saputo rimanere coerente con se stesso, magari rinunciando a facili candidature.

3 - Il partito dei giovani vuole essere una sfida. Per diversi anni i giovani ci sono stati lontani. Oggi dobbiamo registrare a tutti i livelli una nuova primavera per il nostro movimento giovanile.

Anche a Pistoia vogliamo credere ed investire in questo progetto, non solo per parlare ai giovani ma per dialogare con i giovani dei loro mondi, delle loro realtà, dei loro sogni. Speriamo e vogliamo che essi diventino protagonisti della vita politica del nostro partito, non per una mera questione di immagine giovanilistica della nostra organizzazione ma perché vorremmo respirare quella freschezza, quella spontaneità, quella sfrontatezza che solo loro possono darci.

4 - Il partito delle regole è garanzia della democraticità interna, del rispetto dei ruoli, della chiarezza, della trasparenza, dell’ottemperanza dei termini e delle scadenze previste dai regolamenti e dallo statuto, del controllo degli iscritti sull’operato degli organismi eletti ai diversi livelli. È la garanzia che il confronto di idee può svilupparsi nella massima libertà e nel rispetto di tutte le posizioni che possono e devono essere diverse, ma devono anche ritrovarsi in una sintesi finale che rappresenta la linea del partito.

5 - Il partito della coerenza

Siamo convinti che l’unica risposta della politica alla così detta antipolitica, di cui tanto si parla in questi giorni, sia la produzione di una buona politica, soprattutto efficace nelle scelte di governo e quindi nelle ricadute sul territorio e sulla popolazione.

Siamo convinti che i partiti siano l’unico strumento in grado di garantire un corretto esercizio della democrazia e quindi non abbiamo alcuna remora ad affermare, con forza e convinzione, che il ruolo dei partiti resta fondamentale per la crescita della nostra società e della nostra democrazia.

Siamo convinti che l’attuale sistema politico debba essere profondamente modificato, perché le riforme sbagliate, che hanno segnato il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, hanno prodotto un sistema che impedisce di governare con efficacia.

Siamo convinti che una revisione della legge elettorale, nazionale e regionale, per ridare ai cittadini la capacità di scegliere, attraverso l’espressione della preferenza, i propri rappresentanti e per permettere la costituzione di alleanze politiche omogenee in grado di governare con efficacia, sia ormai una vera e propria necessità, un’emergenza politica che deve essere affrontata dall’Udc ad ogni livello e con tutte le energie.

Guardiamo con attenzione ai malumori che stanno caratterizzando la società italiana e che il più delle volte si configurano in pesanti critiche alla politica in senso lato e ai partiti in particolare, in nome di una battaglia contro i privilegi ed i costi dell’attuale sistema politico-istituzionale.

È doveroso da parte nostra attribuire il giusto rispetto alle istanze di una società che si muove, si agita e si indigna, ma dobbiamo anche assumerci la responsabilità di dare risposte, di trovare soluzioni, di indicare una strada.

La buona politica è data dai nostri comportamenti, dall’immagine di serietà che riusciamo a trasmettere agli elettori, ma è data anche dai fatti concreti e da solide proposte di governo che siamo in grado di produrre a qualsiasi livello.

A conclusione di questa mia relazione desidero ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alla organizzazione di questo Congresso, a chi lo presiede, a chi in questi mesi mi ha sostenuto nel lavoro di Coordinatore, ad Alessandra che mi ha affiancato, come Presidente, e mi ha preparato la strada, ancor prima, come Segretaria provinciale.

A tutti, davvero a tutti, anche e soprattutto a coloro con i quali ci sono stati confronti serrati, e talvolta duri, il mio sincero grazie.

Una pagina della nostra storia di partito oggi si chiude ma da domattina, sono convinto, ripartiremo con ancora più entusiasmo per costruire un Udc ancora più forte.

sabato 19 novembre 2011

CONGRESSO PROVINCIALE

Sabato 26 alle 9,30 presso il Polo Tecnologico di Quarrata si terrà il Congresso Provinciale dell'Udc di Pistoia.

Ci prepariamo a questo importante avvenimento con la forte convinzione che stia finalmente arrivando per tutti noi il momento di raccogliere i frutti del duro lavoro di questi tre anni di battaglie e sacrifici.

La politica italiana, costruita attorno a un bipolarismo che si è rivelato incompiuto e fallimentare, ha dato un pessimo spettacolo di sé.
Lo ha fatto nel momento peggiore, mentre una drammatica crisi economica ha attraversato i mercati internazionali e si è abbattuta su larghe fasce della popolazione italiana, colpendo in particolare le famiglie, le imprese, i lavoratori, i giovani.
Di fronte all’emergenza del Paese, l’Udc non ha mai perso la bussola.
Molti avevano scommesso sul nostro tracollo politico.
Quelle stesse persone oggi ci corteggiano e guardano con attenzione al nostro percorso.
Molti altri, che la pensano da sempre come noi, sono delusi da questo bipolarismo e cercano una nuova via politica: parlano il nostro stesso linguaggio, sposano l’analisi che facemmo ormai tre anni fa.
Molti altri ancora, da ogni parte della società italiana, urlano tutto il loro disagio e sentono la necessità di impegnarsi in prima persona in politica, di essere artefici del cambiamento.
Oggi l’Udc ha il dovere e insieme l’irripetibile opportunità di rispondere a tutte queste richieste.
Ma per farlo, dovrà dimostrare di essere davvero diventata grande.
Saremo protagonisti di questo momento storico e politico solo se saremo in grado di metterci in discussione, crescere, rinnovarci, aprirci all’esterno.

Il Congresso, quindi, non può e non deve limitarsi alla sola conta dei voti, né alla riaffermazione di rendite di posizione.
Deve piuttosto essere un’occasione per un dibattito elevato, ricco di idee e di spunti utili al nostro progetto politico.
E soprattutto, dovrà essere il momento dell’apertura e del rinnovamento della classe dirigente.


domenica 13 novembre 2011

VIVA LA COSTITUZIONE

Berlusconi è caduto.
Non lo rimpiangerò, al pari di molti italiani.
Tuttavia è d'obbligo riflettere su alcune cose.

La prima: come mai accaduto prima, il Governo del nostro Paese è stato mandato a casa non ad opera della politica nè per mano della magistratura ma le dimissioni sono state causate dai mercati finanziari.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare questa fine per Berlusconi e i suoi.
Il Cavaliere, il maggiore interprete politico italiano del liberismo e del mercatismo, l'imprenditore di successo, uno degli uomini più ricchi del mondo, cacciato proprio da quel mondo di cui è figlio.
Certo, si dirà, la situazione è straordinaria, il momento è grave, l'Italia è sull'orlo del fallimento, ma mai più dovremo consentire, come italiani, che un legittimo Governo politico venga scelto o scartato da chi governa il mondo della finanza, cioè da chi non si è mai sottoposto al giudizio democratico del voto.

La seconda considerazione riguarda invece la nostra Costituzione.
Per anni abbiamo sentito schiere di politici e di intellettuali inneggiare alla sacralità della nostra Carta costituzionale.
Qualcuno era persino arrivato a dire che era la migliore del mondo.

Come tutte le cose scritte dall'uomo, ritengo che non sia assolutamente sacra, ed anzi penso che in molti punti debba essere ripensata.

Tuttavia fin che c'è è giusto rispettarla.

Ma allora perchè nessuno tra coloro che l'hanno sempre strenuamente difesa, negli ultimi tempi, ha avuto il coraggio di dire che il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha mancato di rispetto al ruolo al quale è stato chiamato, facendo politica partitica attiva, venendo meno quindi al ruolo di garante di fronte ai vari gruppi parlamentari?

E perchè nessuno ha protestato negli ultimi giorni per l'incredibile prevaricazione che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha messo in atto, andando ben oltre le proprie prerogative costituzionali?

L'obiettivo, in entrambi i casi, lo so, era quello di far fuori Berlusconi, che era sicuramente quanto di più lontano dalla nostra Costituzione.
Va bene.

Però, per "salvare" l'Italia, molti sono andati oltre le regole.
Se il fine giustifica i mezzi, possiamo accettare quanto è avvenuto.

Ma che sia l'ultima volta.

mercoledì 19 ottobre 2011

VIVA BAGNASCO

Propongo all'attenzione dei lettori del blog questo interessante articolo di Antonio Socci.
Dispiace che tra i cattolici presenti a Todi ci sia chi non ha capito proprio nulla.

Domenica scorsa, su queste colonne, ho spiegato come fosse in corso – al convegno delle associazioni cattoliche a Todi – un tentativo di “colonizzazione” del mondo cristiano da parte degli ambienti del “Corriere”, presenti in forze a quel simposio non solo col direttore Ferruccio de Bortoli, ma pure con il banchiere-editore Corrado Passera e con l’editorialista Galli della Loggia.

In quell’articolo ho messo in guardia i movimenti cattolici e la Chiesa italiana dal rischio di una rovinosa subalternità culturale e politica a strategie e ambienti – quelli del Corriere – che negli ultimi anni sono stati i più viscerali avversari della Chiesa italiana guidata dal cardinale Ruini sulla via tracciata da papa Wojtyla e papa Ratzinger.

De Bortoli – invece di smarcarsi da questa mia “ricostruzione” dei piani corriereschi – ieri l’ha confermata in pieno ed è andato spericolatamente oltre (troppa grazia!).

Ha infatti firmato un editoriale nel quale lui, che è laico (“noi laici”, dice), si è improvvisato pontefice, presentandosi a Todi nei panni di papa Ferruccio I, nientemeno con la pretesa che la Chiesa italiana sconfessasse il cardinale Ruini e ribaltasse la sua linea, costruita sul magistero di due papi (quelli veri).

Un errore strategico plateale (Paolo Mieli, che è molto più navigato e accorto, probabilmente non l’avrebbe commesso).

De Bortoli ha voluto addirittura disegnare per la Chiesa italiana una “nuova missione” (testuale). Perfino il titolo suonava così: “La missione dei cattolici”.

Forse il direttore del Corrierone ignora che tale missione è già stata definita duemila anni fa, da Qualcuno un po’ più titolato di lui. Che De Bortoli – dopo Ruini e il Papa – volesse scalzare pure nostro Signore?

E’ vero che nell’azionariato del Corriere ci sono tanti signori che hanno ambizioni politiche, ma la Chiesa ha un Signore che sta perfino più in alto di loro e che del “Corriere” francamente se ne infischia.

De Bortoli non lo sa, ma il cardinal Bagnasco sì.

Così è accaduto che il direttore del Corriere, seduto a Todi in prima fila, ha dovuto prendersi dal successore di Ruini alla presidenza della Cei, la più solenne e clamorosa delle bocciature e delle reprimende.

Una vera e propria porta in faccia.

Il passaggio decisivo dell’editoriale di De Bortoli, quello dove pretendeva di dettare la linea alla Chiesa italiana, chiamava alla “pacificazione del dopo Berlusconi”, e poi recitava testualmente così:

I cattolici possono intestarsi una nuova missione… Riscoprire un tratto più marcatamente conciliare dopo l’era combattiva e di palazzo di Ruini.

Una missione sociale, in questi anni, poco valorizzata, mentre si è insistito tanto sulla difesa dei valori cosiddetti non negoziabili, dal diritto alla vita alle questioni bioetiche, al punto di estendere l’incomunicabilità con le posizioni laiche all’insieme delle questioni civili ed economiche. Un dialogo va ripreso su basi differenti, nel rispetto delle libertà di coscienza”.

In sostanza significa: ora dovete rinnegare Ruini e i “valori non negoziabili” e qualificarvi su discorsi di tipo sociale con cui possiate fare da portatori di acqua (e di voti) per i disegni di potere altrui.

Bagnasco, nel suo intervento gli ha dato una risposta precisa e perentoria:

“la giusta preoccupazione verso questi temi (lavoro, economia, politica, solidarietà, pace) non deve far perdere di vista la posta in gioco che è forse meno evidente, ma che sta alla base di ogni altra sfida: una specie di metamorfosi antropologica.

Sono in gioco, infatti, le sorgenti stesse dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Proprio perché sono ‘sorgenti’ dell’uomo, questi principi sono chiamati ‘non negoziabili’… Ogni altro valore necessario al bene della persona e della società, infatti, germoglia e prende linfa dai primi”.

Non si potrebbe dir meglio. Poi, casomai De Bortoli facesse finta di non aver capito, il cardinale è stato ancora più specifico nel ribattere al suo editoriale:

“A volte si sente affermare che di questi valori non bisognerebbe parlare perché ‘divisivi’ e quindi inopportuni e scorretti, mentre quelli riguardanti l’etica sociale avrebbero una capacità unitiva generale.

L’invito, non di rado esplicito, sarebbe quello di avvolgerli in un cono d’ombra e di silenzio, relegarli sempre più sullo sfondo privato di ciascuno, come se fossero un argomento scomodo, quindi socialmente e politicamente inopportuno.

L’invito è spesso di far finta di niente, di ‘lasciarli al loro destino’, come se turbassero la coscienza collettiva. Tutt’al più si vorrebbe affidarli all’opera silenziosa e riservata della burocrazia tecnocratica.

Ma è possibile perseguire il bene comune tralasciandone il fondamento stabile, orientativo e garante? Il bene è possibile solo nella verità e nella verità intera. Per questa ragione non sono oggetto di negoziazione”.

E’ stata una bocciatura così clamorosa che ieri sera, Sandro Magister, nel suo blog sull’Espresso, ha titolato: “A Todi Bagnasco mette a tappeto il ‘Corriere’ ”.

Il vaticanista sostiene che la prolusione di Bagnasco ha affondato – oltre al “Corriere” – pure “tutti quei cattolici che hanno contribuito per giorni, su pagine e pagine del giornalone milanese, a fare impropriamente dell’appuntamento di Todi un evento epocale: a cominciare dal fondatore della comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi”.

Sono stati tanti in effetti che sulle pagine di quel quotidiano sono corsi a dare il benservito a Ruini sostenendo l’assurda tesi del “Corriere” (la presunta “irrilevanza” dei cattolici nell’epoca Ruini).

Il “disegno politico” che stava dietro a tutta questa campagna poteva essere, ha scritto Magister, “quello di ‘federare’ i cattolici in una formazione di centro che alleata al PD raccolga alle urne quel 60 per cento di elettori vagheggiato da Massimo D’Alema in una solenne intervista al ‘Corriere’ pubblicata proprio alla vigilia di Todi”.

Ma a Todi la strategia è – almeno per ora – naufragata. Oltretutto invece di accantonare i “valori non negoziabili”, che secondo De Bortoli dividono, i cattolici in questi giorni hanno trovato alleati insperati che hanno fatto esplodere il problema anche nel Pd, con un “manifesto” sull’ “emergenza antropologica” e sulla necessità dell’ascolto e del confronto con la Chiesa, firmato addirittura da nomi pesantissimi del pensiero di sinistra come Giuseppe Vacca, Mario Tronti e Pietro Barcellona (insieme al cattolico, ex marxista, Paolo Sorbi).

Invece che “divisivi” proprio quei valori oggi costruiscono ponti e uniscono.

Sarebbe sensato che proprio nel momento in cui la preoccupazione della Chiesa per i valori fondamentali della vita sta facendo breccia perfino nell’antico, roccioso mondo degli intellettuali marxisti, oggi di area Pd, i cattolici abbandonassero quella loro battaglia vittoriosa per andar dietro al Corriere?

Ovviamente no.

Antonio Socci

Da “Libero”, 18 ottobre 2011

venerdì 14 ottobre 2011

IL VIGILE E IL GATTO

Giuro che è vero.
Stamani mio figlio è entrato a scuola in ritardo e ora spiego perchè.
Vivo a Casalguidi ma i miei figli frequentano scuole pistoiesi: il più grande la quarta elementare in una scuola della periferia sud della città; la piccina una scuola dell'infanzia di Bonelle.
Per problemi di orario di ingresso, ogni mattina devo prima arrivare a Pistoia, lasciare il bimbo, poi tornare indietro a Bonelle ed infine tornare di nuovo a Pistoia, al lavoro.
Di conseguenza ogni mattina percorro tre volte il tratto di strada che separa Pistoia da Bonelle, un chilometro o poco più, nel giro di pochi minuti.
Stamani all'andata c'era più coda del solito, il traffico scorreva molto lentamente: in genere significa che c'è un incidente, un tamponamento o qualcosa di simile.
Per percorrere gli ultimi due chilometri ci abbiamo messo 20 minuti.
Nei pressi del distributore di carburante che si trova tra Pistoia e Bonelle, da lontano vedo un vigile che dava indicazioni agli automobilisti per far scorrere il traffico alternativamente nelle due carreggiate: chiaro, dico io, è proprio un incidente.
Ma arrivato al punto scopro che l'intoppo era causato da un gatto morto!
La povera bestiolina, investita da qualcuno, giaceva in una delle due corsie e il vigile, per non farla ulteriormente investire, deviava il traffico.
Ho pensato che fosse lì in attesa di un qualche servizio del comune specializzato e attrezzato per questi tristi casi.
Lasciato (in ritardo) il figlio a scuola, sono tornato indietro e ci siamo fatti nuovamente altri 20 minuti di coda per lo stesso motivo.
Certo qualcuno potrebbe ora dire: "ma perchè il vigile non ha almeno spostato il gatto da una parte?".
Probabilmente è lo stesso tipo di pensiero che è passato per la testa di centinaia di automobilisti che sono transitati di lì e che, a bocca spalancata, osservavano la scena.
Per un po' ho anche pensato di essere vittima di qualche candid camera, visto che davanti avevo anche un camion per il trasporto delle uova con la scritta "se mi tamponi facciamo la frittata".
La situazione era davvero surreale.
Ma come sempre la realtà supera l'immaginazione.
Infatti, lasciata la bimba, ho percorso la strada Pistoia-Bonelle per la terza volta e, magicamente, era scomparsa la coda delle auto.
Era scomparso anche il vigile.
Solo il povero gatto, abbandonato alla sua triste fine, era ancora lì, appena mezzo metro fuori dalla carreggiata.

martedì 20 settembre 2011

PRESTITO GRATUITO

Il Tribunale di Milano nei giorni scorsi ha dato ragione a Coop ed ha condannato Esselunga per concorrenza sleale.

La sentenza accoglie il ricorso presentato tre anni fa contro Bernardo Caprotti e il suo «Falce e carrello», il libro-denuncia nel quale l'imprenditore sostiene di aver incontrato ostacoli all'espansione del suo gruppo nelle regioni «rosse» e accusa le Coop locali di gravi scorrettezze commerciali, oltre che di intrecci indissolubili con la politica.
Il Tribunale di Milano ha stabilito che il libro di Caprotti rappresente «un'illecita concorrenza per denigrazione ai danni di Coop Italia» e condanna Esselunga a un risarcimento pari a 300.000 euro e al ritiro della pubblicazione dal mercato.

Inoltre il Tribunale ha vietato la ripubblicazione dell'opera e la diffusione di parte degli scritti in essa contenuta.

Poichè ritengo che la sentenza violi la libertà di stampa e, soprattutto, di pensiero, metto a disposizione la copia del libro, già in mio possesso, che invece di finire al rogo verrà prestata gratuitamente a chiunque ha mancato di leggere quanto in essa dichiarato (con molta ragione).

lunedì 22 agosto 2011

MEMORIA STORICA

L'intervento del Presidente Giorgio Napolitano al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione ha raccolto ampi consensi sia da parte dei presenti che da tutti i politici di destra e di sinistra.

Napolitano ha parlato della crisi economica e dell'urgenza di trovare strade per uscire da una situazione drammatica che allarma tutti e crea incertezza per il futuro dell'Italia e nostro personale.
Ha anche sollecitato i giovani ad impegnarsi in politica, sostenendo che le nuove generazioni hanno gli strumenti per affrontare un mondo in continua evoluzione, sia dal punto di vista economico che sociale.

Tutto bello, tutto giusto, ma...

Sì c'è un "ma", perchè le parole acquistano un senso anche in base al soggetto che le pronuncia.
Con tutto il rispetto, quando Madre Teresa di Calcutta parlava dei poveri, degli ultimi, dei diseredati aveva un'altra credibilità rispetto a Walter Veltroni che affrontava sì gli stessi temi, però stando seduto in Campidoglio e non per le strade di Calcutta.
E allora vorrei ricordare che Giorgio Napolitano, che esorta i giovani all'azione politica, occupa l'incarico istituzionale più retribuito della nostra Repubblica, essendo nato nel giugno del 1925 ed avando quindi compiuto 86 anni. E' stato eletto al Parlamento per la prima volta nel 1953 (58 anni or sono), cioè quando nemmeno uno di coloro che lo applaudivano dalla platea di Rimini era prossimo a venire al mondo.
Di più, negli anni settanta era il responsabile economico del Pci e rientra quindi nel novero di coloro che, attraverso lotte sindacali durissime, hanno portato alle baby pensioni dei dipendenti pubblici (15 anni 6 mesi e 1 giorno bastavano per andarsene in pensione e di questo ne ha approfittato, tra i molti, anche la moglie di Umberto Bossi che oggi sembra essere diventato il paladino dei pensionati).

Insomma ci è sembrato un po' demagogico prendere le distanze sia da destra che da sinistra, strappando facili applausi, e chiamarsi fuori dal disastro politico-economico che una classe incapace di amministratori ha causato al nostro Paese.
Il salatissimo conto che oggi siamo costretti a pagare e che pagheranno ancor di più quei giovani che il Presidente della Repubblica vorrebbe vedere impegnati, ha molti padri, ma uno di questi è sicuramente Giorgio Napolitano.


sabato 13 agosto 2011

IL MIO CUORE GRONDA SANGUE

Leggo, leggo e rileggo, ma nulla, non trovo nulla che mi racconti qualcosa di quello che mi ero immaginato.

Nel decreto fiscale approvato stanotte mancano le misure per rilanciare l'economia, non esiste alcun disegno per favorire l'occupazione e, di conseguenza, rilanciare anche i consumi; sono assenti i tagli ai costi della politica, quella romana, guarda caso.

Intendiamoci, sono d'accordo con la riduzione delle Province (anzi le avrei abolite del tutto) e con l'accorpamento dei piccoli comuni (anzi la soglia avrebbe dovuto essere portata secondo la mia opinione a 5.000 abitanti). Ma si sceglie di tagliare sempre e solo sul governo locale del territorio, come già è stato fatto recentemente con la riduzione del numero dei consiglieri comunali, e mai si decide per una taglio al numero dei parlamentari e dei loro tanti privilegi. In barba al tanto decantato federalismo leghista che dovrebbe portare a valorizzare i governi locali e non certo quello centrale.

Nella manovra c'è solo un bel salasso per le tasche degli italiani dovuto, secondo Tremonti e Berlusconi, al crollo dei mercati degli ultimi cinque giorni. Ma nonostante il cuore del premier grondi sangue, come lui stesso ha sostenuto anche se questo mi impietosisce assai poco, in realtà il timore di default per i titoli di Stato italiani è stato causato non da quanto avvenuto negli ultimi cinque giorni ma per quanto non fatto, anche se promesso, negli ultimi quindici anni.

Agli italiani non resta che pagare il conto, questa è la conseguenza, ma quel che è peggio è che non vi è nessuna prospettiva di miglioramento per il futuro.

Si paga e basta e, per dirla con Lorenzo il Magnifico "del doman non v'è certezza", purtroppo senza che nessuno possa essere lieto di alcunchè.






giovedì 4 agosto 2011

NUOVO SECOLO

Mentre gli equilibri economici mondiali, ormai cambiati da tempo, si sono resi evidenti agli occhi dei più a causa delle turbolenze sui mercati finanziari di questi giorni, la politica italiana ha finto di interrogarsi sulle cause e soprattutto sulle prospettive per il nostro Paese.

Nell'anno dei solenni festeggiamenti per i 150 anni dell'unità appare sempre più confuso il disegno strategico per la nostra economia, per il nostro sistema produttivo, per il sistema del lavoro.

Il Presidente del Consiglio, ancora nominalmente in carica ma incredibilmente assente nei fatti, è divenuto anche umanamente irriconoscibile, visto che, per la prima volta, dopo tanti anni, sembra subire la scena invece di esserne l'assoluto protagonista. Somiglia sempre più ad un pugile al quale le hanno suonate di brutto ma che ancora non è finito a terra, anche se tutti sanno che ormai è questione di secondi e da un momento all'altro arriverà il colpo del definitivo ko.

Certo suona strano che Berlusconi, l'imprenditore, il creatore di posti di lavoro, il mago della finanza, l'uomo di successo, il leader del "meno tasse per tutti", esca alla fine sconfitto non per mano degli avversari politici e nemmeno per l'azione ("persecutoria", direbbe lui) dei magistrati politicizzati, ma per effetto della crisi economica globale. Lui che, forse più di altri, avrebbe dovuto capire la portata storica di certi cambiamenti nel panorama economico mondiale ha preferito negare a lungo l'esistenza della crisi, come se bastasse esorcizzare la paura semplicemente toccandosi o affidandosi alla benevolenza di qualche santo.
Gli tocca ora anche subire l'iniziativa politica degli altri, opposizioni e parti sociali, che gli dettano i tempi dell'agenda politica, cosa mai avvenuta prima nell'era berlusconiana.
D'altra parte l'uomo appartiene ormai al vecchio secolo, che ci ha messo una decina d'anni in più a finire, e segue pertanto logiche buone per gli schemi politici ed economici del '900. E' stato un grande imprenditore, nessuno può negarlo, ma appartiene ad una classe dirigente di Paesi che sono nella fase del declino.

Il problema è che "vecchi" come lui, in Italia ma in Europa in generale, ce ne sono un po' troppi, e molti di costoro occupano posti di responsabilità nella politica, nell'economia, nella finanza.
Le stesse parti sociali che hanno costretto al confronto il Presidente del Consiglio in realtà spesso rappresentano poco più che se stesse, non avendo nessuna reale delega da parte dei cittadini.
Il mondo reale è da un'altra parte.