A furia di snobbare i corpi intermedi e di puntare sulla comunicazione diretta con la gente, con un parlamento che perdura nella sua sostanziale condizione di illegittimità e falsa rappresentanza della volontà popolare, è dalla e con la piazza che ora Matteo Renzi si trova costretto a fare i conti.
Non ci sono più i partiti mediatori tra interessi e valori del popolo e le istituzioni, primo grande vulnus alla democrazia nel nostro Paese, e anche il sistema di rappresentanza dei corpi intermedi è stato messo all’angolo da un leader che fa del populismo una delle cifre del suo agire politico, non molto diversamente da ciò che il Cavaliere aveva introdotto all’avvio della Seconda Repubblica.
Entrato in crisi il sistema della rappresentanza e con un Parlamento la cui elezioni è il risultato di una legge dichiarata incostituzionale, si continua nel tentativo di sfornare leggi addirittura di rango costituzionale con il beneplacito del silenzio anche di chi dovrebbe essere il garante del sistema.
E’ in tale condizione di anomia politica e nella crisi di rappresentanza degli interessi e dei valori soprattutto del terzo stato produttivo e di larga parte dei “diversamente tutelati”, soprattutto di quelli più indigenti, che assume un valore del tutto particolare ed eccezionale ciò che è accaduto ieri a Roma con il Family day.
Al di là delle cifre reali o presunte, ieri a Roma si è svolta una delle più grandi, se non la più grande in assoluto, delle manifestazioni popolari del nostro Paese. Un incontro di gruppi, movimenti, associazioni, persone che, dalle Alpi alla Sicilia e alla Sardegna, senza organizzazioni strutturate alle spalle, ma mossi solamente dalla volontà di affermare alcuni principi e valori fondamentali, sono scesi in piazza per dire No al Ddl Cirinnà e confermare che la famiglia è solo quella naturale fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna e che non è lecito acconsentire a pratiche immonde quale quella dell’utero in affitto e alla mercificazione del corpo delle donne.
Era presente solo un vescovo, quello di Campobasso-Bojano, Giancarlo Maria Bragantini, il quale ha voluto accompagnare la sua gente per testimoniare l’adesione della Chiesa, così come avevano ben fatto alcuni giorni proma, sia Papa Francesco sia il presidente della Cei, cardinale Bagnasco.
Ieri, però, la grande manifestazione al Circo Massimo non aveva il carattere di una risposta del solo mondo cattolico italiano a un governo e un parlamento distanti anni luce dal sentir medio della gente, ma, attraverso le diverse e qualificate testimonianze italiane e straniere (commovente quelle della rappresentante croata artefice del recente referendum pro famiglia naturale in quel Paese), ha assunto quello di un grido alto e forte nella difesa dei diritti naturali e delle radici storiche della nostra civiltà occidentale. Quelle radici giudaico cristiane che, colpevolmente, non furono assunte alla base della pasticciata formulazione della costituzione europea, e che, senza la loro riaffermazione (cosa che si tenterà di riproporre con il referendum propositivo europeo annunciato proprio ieri a Roma) il destino del Vecchio continente non potrà che risultare segnato dal suo inarrestabile declino.
Siamo troppo sfiduciati in merito alla condizione di assoluta emergenza democratica e istituzionale in cui versa l’Italia, per pensare che i segnali giunti dal Circo Massimo possano essere raccolti da quell’aula che non rappresenta assolutamente la reale sovranità popolare.
Sommessamente, tuttavia, consigliamo a Renzi e ai suoi sostenitori, di tener conto di quanto quella piazza ieri con toni di assoluta civiltà ha saputo indicare.
Si può anche tentare di governare per ragioni connesse all’emergenza politica, al di fuori delle regole istituzionali della Repubblica, ma farlo da sordi a ogni indicazione popolare, contro tutto e contro tutti, può solo portare a esiti disastrosi.
Ettore Bonalberti (www.formiche.net)